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Capraia val bene un romanzo. Parla Marco Malvaldi

Giovanni Battistuzzi

Una serie di furti, un colpevole che ancora non c'è. Tutti sospettati nell'isola. Come lo scrittore di gialli narrerebbe la vicenda se fosse un racconto

Diciannove chilometri quadrati e spicci in mezzo al Mar Tirreno tra Corsica, Isola d’Elba e litorale livornese. Un paese e qualche casa sparsa qua e là tra erba, rocce e arbusti. Qualche centinaia di abitanti e tre carabinieri. Mesi di furti ancora senza un colpevole per un totale di circa cento mila euro. Una domanda: chi è stato? Per ora risposta non c’è. Tutti sospettati quelli che abitano a Capraia. D’altra parte è inverno, un inverno di pandemia. Il turismo è fermo, l’isola vive il suo semi-isolamento, quello di tutti gli anni, ancor più solitario però, perché “qualche forestiero si vedeva nei fine settimana, ma ora… ora no, ci si avventura mica fino a qui”, dice un abitante.

  

E allora chi può essere stato? Chi può rubare in un’isola dove tutti si conoscono? Perché quando ci si conosce tutti il furto non è tollerato, neppure può essere preso in considerazione. Funziona così da sempre. “Ne va della sopravvivenza della comunità”, spiega al Foglio lo scrittore Marco Malvaldi, ricercatore universitario e autore di numerosi racconti e romanzi gialli tra i quali la serie del BarLume. “Il tessuto sociale di ogni piccolo paese si fonda sulla certezza che anche il peggior ceffo del borgo non si metterà mai a sgraffignare in casa dei suoi vicini. Al limite può scappare una coltellata per questioni di fidanzamenti o di debiti, ma rubare no, non è accettabile. È questo certamente un sistema di valori curioso, ma tutto sommato coerente. Si è disposti a fare qualcosa di contrario alle regole in modo palese, ma non di nascosto, in modo subdolo: come il rubare che presuppone proprio il non farsi scoprire”.

 

Marco Malvaldi (foto Ansa)
      

D’altra parte, sottolinea Malvaldi, “una piccola comunità si basa essenzialmente sul cosiddetto teorema del Beduino: l’amico del mio amico è mio amico, il nemico del mio amico è mio nemico e per converso l’amico del mio nemico è mio nemico e il nemico del mio nemico è mio amico. Sono quattro regole semplici che non creano incoerenze sino a quando la comunità è piccola: aiutano a semplificare i rapporti sociali bipartendo l’esistente. Ovviamente al crescere del numero di persone questo teorema cessa di avere un’utilità perché tutto diventa più complesso”.

  

Regole antiche, le stesse della vecchia ligéra, la microcriminalità milanese spazzata via dal boom economico, che aveva tra le sue regole quella del “non si ruba in casa del ladro”, a dirla con lo scrittore, drammaturgo e paroliere Umberto Simonetta, dove casa del ladro era il quartiere di appartenenza. “Una regola d’onore che accomuna tutta o quasi la criminalità d’antan, che permetteva di fidarsi anche di chi non c’era da fidarsi”, commenta Malvaldi.

  

Furti che si sono verificati a poco più di un anno dalla chiusura dell’unica filiale bancaria dell’isola. Quasi fosse un necessario contrappasso per chi considera le banche una sottospecie di associazione a delinquere legalizzata, quasi fosse la ligéra. “Le persone che dicono che le banche rubano dovrebbero pensare a come sarebbe la loro vita se le banche non esistessero. Esiste un'altra cosa che sia in grado di prestarti i soldi per comprarti qualcosa, mettiamo una casa, e di aspettare dieci, venti, trent’anni prima di riaverli? Nemmeno il più paziente e generoso degli strozzini lo farebbe” sottolinea lo scrittore. “È dal Rinascimento che le banche esistono e dal Rinascimento a oggi hanno permesso la nascita di imprese, federazioni, di un sistema che in un modo o nell’altro dura ancora. L’astio nei confronti degli istituti bancari deriva forse dal fatto che non si comprende che questi non sono un deposito, ma permettono la circolazione del denaro per creare altro, dare la possibilità di soddisfare esigenze e mettere in piedi attività. Se non ci fossero, i soldi li metteremmo sotto il materasso, li nasconderemmo qua e là, con il rischio di farceli rubare. E sembra paradossale, ma paradossale non è, che sia avvenuto davvero in un’isola senza banca. Ricordo quando giocava Andrea Pirlo che si diceva che quando aveva palla lui era ‘in banca’, perché se metti i soldi in banca non te li possono rubare, è l’istituto a rispondere, ma te li deve ridare”.

  

È un caso di cronaca quello di Capraia che potrebbe essere un gran romanzo giallo, dove forse non tutto è così semplice, dove il colpo di scena può emergere all’improvviso e ribaltare tutto l’impianto narrativo. “È intrigante ciò che sta accadendo nell’isola, fa correre la mente, solletica l’immaginazione”.

  

Se fosse un romanzo e non la realtà: “Il colpevole sarebbe un forestiero, qualcuno che è andato in vacanza quest’estate e che da lì non è più andato via, vive nascosto da qualche parte. Non ci credo, ma è quello che spero. Perché in fondo in fondo noi tutti rifiutiamo l’esistenza di un ladro in una comunità così piccola e in mezzo al mare, nella quale vogliamo credere possa resistere solidarietà e fiducia nel prossimo. Se la trama la scrivesse mia moglie invece punterebbe sull’esperimento sociale, cioè l’esistenza di un personaggio che nell’isola sta conducendo un perverso esperimento di psichiatria per cercare di capire sino a che punto si possono ignorare i furti”, dice Malvaldi.

   

Se a Capraia ci fossero Viviani e i Bimbi, il titolare e i vecchietti del BarLume, protagonisti della serie di romanzi scritti da Malvaldi, “anzi solo il Viviani perché i Bimbi non si muovono da Pineta”, sottolinea l’autore, “allora si chiederebbero se fosse vero quello che viene detto. Perché ‘mi hanno rubato sessantamila euro’ son buoni tutti a dirlo. Sarà vero? E che ne so, io non mi fido di nessuno, non li ho mai visti sti sessantamila euro… Non è che stanno cercando solo un risarcimento? Non è che tutta l’isola è d’accordo? Perché se tutti sono d’accordo e tutti si inventano una serie di furti, allora è possibile ottenere qualche cospicuo risarcimento. Penserebbe questo il Viviani”. E a seguire il ragionamento del barista che spesso veste i panni del detective si inizia a credere nella possibilità della grande burla. Uno scherzo che dirada le nubi del furto, quello che farebbe crollare la nostra idea naïf di un tessuto sociale basato su una sostanziale mutua assistenza. “Capraia è un gran bel posto. Il turismo quest’anno, come ovunque, è diminuito a causa della pandemia. Sapere di una serie di furti tra residenti, non ai danni dei turisti che sarebbe un grosso guaio, è una forma di pubblicità. E i vecchietti del BarLume, che sono maligni di natura, comincerebbero a pensare che tutto questo sia una colossale montatura. Io spero che sia così, una gran burla, una ottima trovata pubblicitaria. Sarebbe una genialata, stringerei le mani a ognuno di loro per aver avuto questa idea”, si augura Malvaldi. “Ma è un qualcosa che viene in mente perché ci rifiutiamo di pensare che in una piccola comunità si possa nascondere qualcuno che subdolamente mette le mani nelle cose degli altri. Si entrerebbe in un romanzo di Friedrich Dürrenmatt dove tutto si muove attorno al sospetto, alla sfiducia, una condizione di immobilità totale. Perché cos’altro fa girare il mondo se non la fiducia in un sistema sociale?”.

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