La megarissa del Pincio? Tutto il mondo è "welcome to favelas"

Carmelo Caruso

Si chiama "Welcome to favelas" ed è la piattaforma che ha documentato la rissa a Roma. Ma non solo. Cassonetti incendiati, sorci, barbecue vietati. Ecco chi ha inventato la pagina Facebook che oggi è seguita da due milioni di follower ma anche criticata

Sei tu che hai aperto questa fogna? “E se ti dicessi che mi rifaccio a Radio Radicale e che Welcome to Favelas è la nuova Radio Parolaccia? Mi prenderesti allora sul serio?”. Non sei sempre tu che hai assaltato un blindato dei carabinieri nel 2011 durante gli scontri di piazza San Giovanni? E non sei forse ancora tu che su questa piattaforma sfrenata hai consentito la diffusione del video di Tiziana Cantone? “Non fare confusione. E’ vero che sono io il Massimiliano Zossolo di piazza San Giovanni. Ma non è vero che ho diffuso quel video di revenge porn. Ho querelato per diffamazione. Quello è qualcosa di più della fogna e io non c’entro”.

 

C’è un fenomeno che non può essere liquidato come spazzatura ma neppure come nuovo giornalismo. “E infatti è qualcosa di più complesso. Non pretendo che tutti lo capiscano. Io la chiamo microcronaca. Cronaca spiccia. Racconto le borgate ma, a differenza dei tromboni, io non mi credo Pasolini. Io faccio un’altra cosa”. Insomma, cosa fai? “Raccolgo frammenti di quotidianità. Il video del gabbiano che si mangia il sorcio. Il dipendente dell’Atac che picchia il passeggero. Il cassonetto che si incendia. I barbecue vietati durante il lockdown. Gli scippi a Milano. E poi gli spacci a Napoli. Il gatto che piange. Gli animali sui social funzionano. Non ho mai capito perché”.

 

Le immagini del Pincio, i video della rissa fra adolescenti, non sono lo scoop di un cronista ma i contenuti che ha ricevuto e pubblicato un ex tecnico manutentore di climatizzatori che è stato agli arresti domiciliari per sei anni: “Avevano chiesto dodici anni”. Titolo di studio: terza media. L’Italia, quella rissa, l’ha scoperta così. “Lo puoi scrivere. Non me ne vergogno. In passato sono stato una testa calda. Questo è vero. Ma ho pagato. Vengo da Tor Bella Monaca. La periferia più estrema di Roma”. E i tuoi genitori? “Mestieri umili.  Scrivi operai”. Nel 2012 ha creato la pagina Facebook “Welcome to favelas” che “ovviamente è stata oscurata. Siamo stati bannati. Ci accusano di aver violato le loro policy”.

 

E’ per questo che vi siete spostati su Instagram e Telegram? “Ci siamo spostati dove è consentita l’anarchia. Su Telegram sei libero di fare quello che vuoi”. Anche di organizzare risse come è accaduto a Roma. Ma cosa gestisci, una specie di Fight Club telematico? “Welcome to favelas documenta. Non organizza risse. Questo è falso”. Si parla di un canale che è oggi seguito da quasi due milioni di follower. Un milione su Instagram. 500 mila su Telegram. Ma c’è anche Tik Tok. Sono soprattutto giovani, 14-21 anni. Funziona in questo modo: “Sulla nostra casella ci spediscono qualsiasi tipo di video. E’ un flusso continuo. Senza filtri. Il nostro utente non vuole essere citato. Chiede l’anonimato”. Quanti messaggi ricevi? “Quattromila al giorno”. Quanti girati hai sul pestaggio di Natale? “Quel pomeriggio sono stati inviati circa 100 video”. E tutto questo ti sembra normale? “E pensi che oscurando una pagina impedirai una rissa? E’ chiaro che non mi sembra normale. Vuoi sapere come è andata? Un ragazzo del centro ha battibeccato con un altro di piazza Annibaliano. Era da una settimana che sui social si erano dati appuntamento. Il problema non è la rissa ma che a questi ragazzi è rimasta solamente la rissa. Se gli togli palestre, ballo, la birra, tornano animali. Vi fermate alle immagini e non capite che stanno crescendo in questa maniera”. Un po’ come sei cresciuto tu? Nella favelas? “Era un nome esotico. Mi piaceva il suono. L’ho chiamato Welcome to favelas perché favelas non è grigia come la parola periferia”.

 

I giornali se ne sono accorti e hanno iniziato a servirsene. E’ vero che anche i politici entrano nella tua favelas? “Matteo Salvini ha utilizzato alcuni video, ma non solo Salvini. E poi ci sono i telegiornali”. Dove vivi al momento? “Non sono in Italia. Mi trovo in Spagna”. Ma hai una redazione? Uno scantinato a Roma? “E che ce ne facciamo? Lavoriamo in quattro e tutti in smart working”. Come vivi? Vivi di questo? “Non vivo di questo”. Zossolo ha lavorato in passato per il settimanale Cronaca Vera come social media manager. Ha scritto un libro dal titolo No Fap. La via della rinascita. “Ne sto scrivendo un altro. E poi ho anche i miei blog”. Ieri ha postato un video di una barca alla deriva in Calabria. Cronaca? “E magari a voi non dice nulla, ma ad altri sì. Siamo diventati un marchio. Oggi c’è un genere di episodi che vengono definiti da Welcome to favelas”. E immagino siano pestaggi, botte, piccole balorderie. “L’aurora boreale è una balorderia? Ci trovi anche questo su Welcome to favelas. E’ una selezione diversa da quella dei quotidiani. E’ qualcosa che si è diffuso per la prima volta negli Stati Uniti. C’era un canale dove si postavano solo video di risse. Era seguitissimo. La rissa piace. E’ un meccanismo psicologico”.

 

Cosa voti? “Non posso più votare. L’ultimo voto che ho dato credo sia stato a un partito comunista. Sono per lo stato minimo. Mi sento un liberale”. Non ti ha attratto la democrazia diretta che alla fine dici di praticare? “Mi hanno attratto i 5 Stelle ma è durato un momento”. Chi ti ha spedito il video del gabbiano che mangia il sorcio? “Un  amico di Borgo Pio e lo hanno preso anche i giornali americani”. Vuoi diventare il direttore editoriale del corriere della favelas? “In dieci anni, la mia piattaforma, sarà la prima agenzia italiana di contenuti di cronaca. Più dell’Ansa”. Non sarà giornalismo. “Ma non dire che è solo spazzatura”.

 

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