Cosmopolitics

Il tuo essere musulmana mette a disagio i Tory. L'ultima dal governo di Boris Johnson

Paola Peduzzi

Una ex sottosegretaria dice di essere stata licenziata perché la sua fede metteva "a disagio" i suoi colleghi. Il governo indaga mentre aspetta l'altra inchiesta, quella sul partygate. Perché nessuno considera il fatto che le parole hanno conseguenze?

S’è aperta un’altra inchiesta nel Regno Unito mentre si aspetta l’esito di quella chiacchieratissima sul partygate (ieri sono uscite indiscrezioni su altre due feste che Boris Johnson avrebbe tenuto a Downing Street in occasione del suo compleanno, il 19 giugno del 2020, in pieno lockdown). E’ stato lo stesso premier ad aprire questa nuova inchiesta dopo che l’ex sottosegretaria ai Trasporti Nusrat Ghani ha detto di essere stata licenziata, nel febbraio del 2020, in quanto musulmana: le fu detto che la sua religione “faceva sentire a disagio i suoi colleghi”. A dirle questa cosa fu Mark Spencer, chief whip dei conservatori (colui che si occupa che i membri del partito rispettino le indicazioni politiche, in senso ampio, dei Tory), che ha detto: “Queste accuse sono false e diffamatorie, non ho mai utilizzato le parole che mi vengono attribuite”.


La notizia è stata data dal Sunday Times domenica e inizialmente alcuni ministri, in particolare il vicepremier Dominic Raab, hanno detto che non sarebbe stata aperta alcuna inchiesta perché non c’era stata una denuncia formale, ma nel giro di una giornata Johnson ha deciso il contrario: l’inchiesta si farà (le modalità sono da definire proprio perché la Gray è occupata nell’altra faccenda). A convincerlo, si fa per dire, sembra che siano stati due ministri, quello dell’Istruzione, Nadhim Zahawi, e soprattutto Sajid Javid, ora ministro della Salute ma in passato cancelliere dello Scacchiere fuoriuscito in seguito a un conflitto con Cummings e con Johnson da cui era uscito sconfitto. Javid ha fatto molte pressioni su Johnson, determinando probabilmente il cambiamento in corsa sull’inchiesta, per una ragione che considera valoriale: era stato lui a determinare l’inchiesta dentro ai Tory sull’islamofobia e pensa che ci sia molto lavoro ancora da fare perché la tanto proclamata apertura alla diversity dei conservatori diventi una realtà. Poi ci sono le ragioni politiche: Johnson è debole in questo momento, sotto assedio di molti parlamentari e di qualche ministro, in attesa del verdetto della Gray, e non può sostenere ulteriori pressioni. Javid che ha qualche sassolino nelle scarpe, ché pensava che Johnson lo avrebbe difeso come suo cancelliere e invece gli preferì Cummings, lo sa e utilizza questo ritrovato potere nel modo più efficace che può.
Se Johnson possa sopravvivere non tanto alle feste e alle sue bizzarre giustificazioni ma soprattutto alla sete di vendetta di molti suoi collaboratori è difficile dirlo. Intanto ha cercato di gestire nel modo più concreto possibile questa storia ben più grave del licenziamento per ragioni religiose di un membro del governo: ha telefonato alla Ghani, si è fatto spiegare che cosa era successo e poi ha detto di voler aprire l’inchiesta dentro al suo stesso governo. Dalle indiscrezioni sembra che Johnson sia sicuro che la Ghani dica il vero, non ci si inventa una cosa così di sana pianta. Ma quel che non sa spiegarsi è come sia possibile che Mark Spencer abbia detto una frase tanto grave senza pensare alle conseguenze certe. Che è un po’ quello che tutti si chiedono anche relativamente al partygate, che è sì meno serio, ma è pericoloso.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi