Cosmopolitics

Il Labour inglese crede di poter sfruttare le promesse non mantenute dei Tory

Paola Peduzzi

Ogni scandalo che riguarda il governo, e sono tanti, ha sempre a che fare con qualche privilegio, spesso di natura finanziaria, e la sensazione che l’élite che ha ammansito il popolo si sia persa infine il popolo è sempre più presente

 

Per la prima volta in dieci anni i Tory britannici sembrano battibili, e così il Labour, galvanizzato da sondaggi molto positivi, ci crede tantissimo: è il momento di dare l’affondo a Boris Johnson, premier sott’attacco del suo stesso partito. Volere non è potere e la politica inglese vive di congiure di palazzo da sempre, soprattutto la risalita dei consensi del Labour non è dovuta a nuove idee della sinistra, a esperimenti o cambi di passo, ma sostanzialmente alla crisi dei conservatori. Ma i laburisti non si perdono in troppe premesse e, uno a uno, si fanno intervistare dai giornali, raccontano le loro storie e le loro ambizioni, escono dall’ombra, vogliosi di mostrare un’alternativa possibile allo strapotere dei Tory.

 

Nick Cohen, editorialista liberale dell’Observer solitamente molto critico nei confronti del Labour, scrive: non pensavo che avrei mai potuto dirlo, ma davvero questi Tory potrebbero essere sconfitti. Perché si stanno mangiando tra di loro, non soltanto perché il patto tra le varie tribù del partito è saltato in un tempo rapidissimo, non soltanto perché ci sono molti sostituti che aspettano il loro turno, ma anche perché ci sono spasmi ideologici enormi, che hanno a che fare con la natura stessa del conservatorismo moderno. Nonostante la working class inglese abbia deciso di tradire il Labour affidandosi alla promessa dei Tory, oggi si sente ancora non ascoltata: complice la pandemia che ha costretto tutti i governi a rivedere le priorità, il progetto di compensazione messo in piedi da questo governo non si è ancora realizzato. Anche perché ogni scandalo che riguarda il governo, e sono tanti, ha sempre a che fare con qualche privilegio, spesso di natura finanziaria, e la sensazione che l’élite che ha ammansito il popolo si sia persa infine il popolo è sempre più presente.

 

E l’ala più libertaria del partito, che già guardava con gli occhi rovesciati all’indietro i nuovi arrivati, s’è messa a scalpitare: sulle chat dei parlamentari di questa tribù la frase più scritta è “enough is enough”, non c’è pazienza, non c’è tolleranza, questa svolta spendacciona e piena di regole di Johnson deve finire. Se a questo si somma la Brexit che inevitabilmente mostra il suo vero volto, la fine di mondo pare qui: i Tory faticano ad ammetterlo, ma che questa non fosse la Brexit che si aspettavano lo sanno ormai tutti. 
Il Labour raccoglie i frutti di queste lotte, puntando sul fatto di aver già regolato i propri conti interni con l’arrivo di Keir Starmer e quindi di essere un pochino più avanti nel processo di cannibalismo che trova spazio anche tra i laburisti. Un piano per l’affondo non c’è ed è difficile immaginarne uno a stretto giro: sono tutte proiezioni. Ma certo se nel giro di due anni la grande promessa dei nuovi Tory è già svanita, l’occasione per il Labour è più che ghiotta. Sarebbe in teoria una restituzione, ma in queste piccole rivoluzioni che si mangiano i figli grandi ogni cosa sa di riconquista.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi