Jean-Luc Mélenchon

Rimettiamoci insieme, dicono i leader della sinistra francese

Paola Peduzzi

Tentativi di rassemblement. Una grande famiglia che va dai verdi ai comunisti, ma a tenerli insieme è il nemico comune e poco altro. E il romanticismo può essere breve

“Rassemble-moi, si tu peux”, titolava ieri il quotidiano francese Libération, prendimi, raccoglimi, rimettimi insieme, se puoi. A chiedere unità sono i leader della sinistra francese frantumata che si dicono l’un l’altro: rimettiamoci assieme, separarci è stato un errore, “prima viene la famiglia”, come scrive sempre Libé piena di romanticismo. La famiglia è allargatissima, va dai verdi ai comunisti, ma lo slancio è lo stesso, intenso. La settimana scorsa a Pantin per la convention del rientro degli Ecologistes, il leader Yannick Jadot era il più verde di tutti, ma quando sabato si è presentato al congresso estivo del Partito socialista a Blois era tutto rosa, ha detto “la sinistra è la mia famiglia” (e per accoglierlo il leader socialista Oliver Faure si era messo dei fiocchetti verdi). A Valence, Jean-Luc Mélenchon, capo degli insoumis, era di fronte al suo pubblico molto radicale e perfino schizzinoso, ma quando è arrivato sabato a Dunkerque dai comunisti, quante coccole.

   

  

Le divisioni aiutano gli avversari, si sa, e in questo caso l’avversario è Emmanuel Macron, presidente del “liberalismo tecnocratico”, come ha detto Jadot, che se fosse confermato per altri cinque anni alle elezioni leverebbe il cuore alla Francia. E come spesso accade nei tentativi di rassemblement non soltanto francesi – qui sembrano oggi soltanto più romantici, o così ci fanno pensare i resoconti dei giornali che usano soltanto metafore amorose per raccontare questo riavvicinamento – a tenere insieme la famiglia è il nemico comune e poco altro.

   

“Non c’è amore, ci sono prove d’amore”, scrive il Monde, le specificità restano, le pretese anche, il fatto che poi il leader candidato nel 2022 sarà uno solo, perché così accade quando si fa la famiglia, pure. Questi sono corteggiamenti, cocci da riattaccare, non si può scendere troppo nei dettagli perché altrimenti si ricomincia a discutere e a litigare. Si può stare insieme? Sì, è stata la risposta, anche se non proprio tutti tutti.

 

Al congresso dei socialisti, molti militanti hanno detto che tanti valori di sinistra sono comuni e che costituiscono la trama iniziale su cui costruire un nuovo progetto (tra questi ricorre spesso l’ostilità al capitalismo finanziario), ma alcune persone proprio sono indigeribili: una fra tutte, Mélenchon, l’insoumis idolatrato dai suoi ma considerato un autocrate dagli altri. E’ probabile però che Mélenchon non sia l’unico a creare dissapori, e anzi quando i cronisti smettono con l’amore iniziano a dire che questi discorsi sono molto belli e molto promettenti, ma probabilmente non porteranno da nessuna parte.

 

In tutte le riappacificazioni c’è qualcuno che guida e infatti è arrivato veloce il monito di François Hollande, l’ultimo presidente socialista della Francia e uno con una certa dimestichezza con le unioni, le separazioni, le convivenze, che ha detto: il Partito socialista ha “il dovere” di essere “la forza centrale” a sinistra in vista del 2022, e non deve “accodarsi” né a un candidato verde né tanto meno a Mélenchon. Hollande dice che i socialisti devono appropriarsi della questione ambientale che è ovviamente rilevante per i francesi che hanno votato gli Ecolos con entusiasmo, ma non cedere per nessuna ragione a divagazioni antiauropee come vuole il partito della France insoumis.

 

  

Insomma più che ambire a una riunificazione complicata, il Ps deve sottrarre agli altri i loro beni, dove ci sono. Hollande generosamente dice di potersi rendere utile per questa operazione, nega di avere qualsivoglia tentazione personale (e lo dice con una frase bella: una candidatura presuppone delle condizioni non soltanto un’ambizione) ma resta scettico sul processo delle primarie: crea divisioni, “è la realtà che decide, non una procedura”. Come si faccia a misurare questa realtà, a darle un volto, una strategia, una visione, resta un mistero, ma alla richiesta di “rassemble-moi” Hollande risponde preciso, il romanticismo è per sua natura breve, per lui quasi noioso.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi