Boris Johnson e Rory Stewart (elaborazione grafica Il Foglio)

Il sogno inglese di oggi è una sfida tra Boris Johnson e Rory Stewart al grido “yes to reality!”

Paola Peduzzi

L’attaccamento alla realtà – le promesse che puoi mantenere, i progetti che puoi realizzare, gli annunci che non muoiono il giorno dopo – è diventato rivoluzionario, nel Regno Unito e non solo

Yes to reality, ha detto Rory Stewart durante il dibattito dei candidati conservatori che vogliono fare i premier del Regno Unito, e giù applausi. L’attaccamento alla realtà – le promesse che puoi mantenere, i progetti che puoi realizzare, gli annunci che non muoiono il giorno dopo – è diventato rivoluzionario, nel Regno Unito e non solo. Stewart, che ha poche chance di arrivare a Downing Street e già oggi potrebbe essere buttato fuori dalla corsa alla successione di Theresa May (gli scommettitori lo danno però in grande recupero), è diventato in poche settimane un politico da sogno: parla con tutti, cammina in mezzo alle persone non soltanto per scattare selfie, ascolta, risponde, ripete “yes to reality”, contro le fantasie, contro le millanterie, contro le esultanze da balcone con sotto il pubblico finto.

  

Una volta la realtà era banale e noiosa, la sobrietà era il male dei tecnocrati, ma ora è cambiato tutto e sarebbe davvero interessante, oltre che bello, godersi la sfida politica tra Rory Stewart il pragmatico e Boris Johnson il fantasioso. Per ora il duello è rimasto a distanza e, per arrivare a sfidare Johnson, Stewart deve superare molti altri candidati (compreso Domenic Raab, ex ministro per la Brexit, che gli europei hanno soprannominato “la rapa”), cosa che secondo la maggior parte dei commentatori è difficile. Non è una stagione di troppa realtà questa, anche se Boris il fantasioso sta mostrando uno straordinario realismo comunicativo: poiché ogni volta che parla combina un guaio, ha deciso di non farlo più. Sta zitto e aspetta. Non ha partecipato al dibattito con gli altri candidati domenica sera (ma forse al secondo round di questa sera si concederà) né ha voluto rispondere alle domande dei giornalisti ieri a Westminster, tanto che gli altri hanno detto che dovrebbe mostrare, per essere coerente con le sue passioni, “un po’ di coraggio churchilliano”. Johnson evita le trappole e spera di arrivare così a coronare il suo sogno da premier: fingendo compostezza (è la sua fidanzata di vent’anni più giovane, Carrie Symonds, che fa sì che la legge del silenzio venga rispettata senza sgarri, e anche lei è un po’ meno bionda e con le gonne molto più lunghe del solito).

 

Boris Johnson pare inevitabile, un destino a cui rassegnarsi, ma intanto Rory Stewart instilla il dubbio, fa tremare anche i più convinti johnsoniani (che dicono al loro beniamino: taci, non scontrarti mai con Stewart per carità), fa ridere, fa riflettere, fa appassionare a questa gara che sembra scritta anche i più insensibili. Sembra una competizione di “machismo”, ha detto Rory, vince chi ripete “sono il più duro”, ma non è così, non sei macho se sbatti fuori il Regno Unito dall’Unione europea senza un accordo, né sei un macho se “tenti di infilare tre sacchetti enormi nella pattumiera, quando tua moglie ti continua a dire che non ci staranno mai, e tu invece di ascoltarla insisti, ripeti che tu ci credi davvero nel bidone della pattumiera” e poi rompi tutto. E comunque i sacchi non ci stavano, Rory non vuole “rovesciare un governo conservatore”, vuole soltanto una Brexit ordinata, fatta da persone competenti perché, ehi, il Regno Unito ce le ha le competenze, non è vero che ci siamo bevuti tutti il cervello.

 

Ecco Rory Stewart è la risposta che non ti aspetti, l’ostacolo all’inevitabilità, un “yes to reality” che suona potente e liberatorio, e parla e cammina e sorride, e foss’anche che oggi finisce tutto, almeno ora sappiamo che un’alternativa alle fantasie e agli unicorni c’è, e non è affatto triste.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi