Jess Phillips (foto LaPresse)

Ascoltare Jess Phillips, che ogni volta ti fa dire: ne usciremo vivi

Paola Peduzzi

La ribellione della laburista inglese che ride, piange e parla con tutti, conservatori inclusi. "L'ideologia è un lusso", dice

La sua voce è di quelle che riconosci ovunque, roca e profonda, sembra sul punto di rompersi e invece poi diventa una risata. Jess Phillips è una parlamentare laburista e in quel deserto politico che è diventato il Regno Unito, ripiegato su se stesso e paralizzato, la sua voce – ogni anno, da quando è stata eletta nel 2015, per la festa della donna legge i nomi delle donne che sono state uccise da mariti, amanti, ex amanti, stupratori: è così che la sua voce è diventata familiare – fa alzare lo sguardo, fa respirare: ne usciremo vivi. La Phillips ha 37 anni, un marito, due figli (il primo avuto a 22 anni, e ricorda che per sopravvivere doveva farsi aiutare dallo stato, il budget per il cibo era 25 sterline a settimana, non da morire di fame, ma di ceci al curry sì), di sinistra ma non corbynista, e questo è il suo peccato politico principale. Non la pensa in modo così diverso rispetto al leader del Labour (sulla politica estera sì, e anche sull’antisemitismo) ma siccome ha detto che secondo lei Corbyn non era il leader giusto per il partito è diventata un nemico interno da abbattere.

 

In più parla con i conservatori – si è rifiutata di acquistare una di quelle magliette che si vendono alle convention: mai baciato un Tory, perché “non ho chiesto la scheda elettorale a tutti quelli che ho baciato” – anche con quei conservatori imparlabili come il brexitaro Jacob Rees-Mogg, e questo è il secondo peccato, due volte traditrice. Non amata a sinistra non amata a destra: però non ditele che è centrista perché scoppia a ridere. Sostiene di non essere tribale, e in questa stagione in cui si è o contro o a favore, in cui il dialogo è debolezza, e una chiacchiera con uno di un altro partito è adulterio, sembra planata da un altro pianeta. Detesta le etichette – soprattutto quelle legate a leader che lei considera antiquati, i corbyniani o i blairiani: “Fanculo, io sono Jess” – e adora le altre donne parlamentari, sorride nei selfie, cammina abbracciata alle conservatrici, è la sisterhood fatta persona, bipartisan pure, una rarità.

 

Questa sua ribellione è costosa: riceve minacce di morte, molte. Quando è stato sventato il tentato omicidio alla sua collega Rosie Cooper, ha ricevuto un messaggio che diceva: “Quella che vorremmo morta è Jess Phillips”. Dopo uno dei suoi interventi sulle donne ha ricevuto, in una sola notte, 600 minacce di stupro su Twitter, “più da destra”, dice, e ormai la sua lotta con un politico dell’Ukip che è anche candidato alle europee è diventata una saga: ha chiesto più volte a Twitter di intervenire, ha ottenuto che qualche account fosse disattivato, ma se si guardano i commenti sembra che non sia stato fatto nulla. L’odio è una valanga e la Phillips sogna un’elezione (e un secondo referendum) in cui i social chiudano nei tre giorni prima del voto: qualche dato vero e poi votiamo, così contarsi ha un senso. Ma questo fa parte dei sogni irrealizzabili, e la Phillips non è una che insegue progetti infattibili, anzi quando parla ha quella concretezza della quotidianità che a noi abitanti delle nostre ristrettissime bolle manca sempre più: “L’ideologia è un lusso assoluto”, dice, e fa respirare, guardare oltre la Brexit, oltre i partiti che non sanno più che storia raccontare ai loro elettori, fermi tra nostalgie del passato e nuove bugie. La Phillips non ama i lussi (soltanto il prosecco), piange quando le sue colleghe vengono maltrattate, ride quando racconta della musica che fa ascoltare ai suoi figli in auto (David Bowie), ricorda il dramma familiare di suo fratello eroinomane e le liti con la madre quando le urlava che tutte le attenzioni erano solo per il fratello “idiota”: “Vorresti fare a cambio con lui?”, le rispose la mamma, “essere te è il benefit più grande che hai avuto”. La Phillips spera, come tutti, che il Regno possa uscire dal sonno politico in cui la Brexit l’ha condannato, mescola la ribellione a una gentilezza e a una cura che ha soltanto lei e il suo motto è: “If you stand for nothing, you fall for everything”, dice, citando Kate Perry, lasciandoci con il ricordo della sua voce, della sua risata e una certezza: ne usciremo vivi.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi