AA Gill (foto LaPresse)

Poi AA Gill è morto e nulla ha avuto più senso, nemmeno i battibecchi sui pantaloni che costano troppo

Paola Peduzzi

AA Gill, giornalista, critico, il più bravo di tutti, è morto, a 62 anni, di cancro ai polmoni, mentre là fuori era in corso una guerra fashionista tra signore della politica

Poi AA Gill è morto e tutto è diventato amaro, nel fine settimana inglese in cui finalmente c’era qualcosa di cui parlare che non fossero analisi sul mercato unico sì, no, forse o sui cavilli del divorzio più lungo della storia continentale. AA Gill, giornalista, critico, il più bravo di tutti, è morto, a 62 anni, di cancro ai polmoni, mentre là fuori era in corso una guerra fashionista tra signore della politica, su cui AA Gill, con una battuta o una sfilza di aggettivi intraducibili, avrebbe scritto il commento definitivo. Il premier Theresa May è sotto attacco perché ha indossato, in un servizio fotografico, dei pantaloni di pelle che costano quasi mille sterline, e c’è la crisi, e come si permette di parlare ai “dimenticati” e di vestirsi da ricca? Ad attaccarla è stata Nancy Morgan, ex ministro dell’Istruzione, che era contro la Brexit, ora insiste per una Brexit “soft”, ma non è per nulla amata a Downing Street, anzi, la odiano tutti, e allora per farsi sentire si è messa a fare i conti in tasca alla premier, e ne è venuta fuori una baruffa tremenda, diremmo una baruffa tra galline se non fosse sessismo. Ma AA Gill è morto, e non ha avuto senso neppure questo “Trousergate”, lo scandalo dei pantaloni – con i messaggi scambiati tra la “guardiana” della May, Fiona Hill, e l’entourage della Morgan, la prima che dice “non voglio mai più vedere quella donna al 10 di Downing Street”, la seconda che risponde “se hai qualcosa da dirmi dimmelo in faccia” e poi il divieto a partecipare ai meeting sulla Brexit, mentre il premier si è presentato a messa, domenica, con dei jeans grigi e tutti a cercare di interpretare il messaggio subliminale di May (è la Brexit grigia, né hard né soft?).

AA Gill è morto, e tutto ha perso significato, persino la borsa della Morgan, che costa come i pantaloni di pelle della May, e sa il cielo perché l’ex ministra se l’è presa con i pantaloni e si è fatta fotografare con la borsetta. Sapevamo che era ammalato, lo aveva annunciato lui stesso in una sua column sui ristoranti sul Sunday Times, perché i lettori sapessero: magari il cancro avrebbe potuto influenzare le sue recensioni. Domenica, il giorno successivo alla sua morte, il magazine del Sunday Times aveva in copertina proprio lui, l’ultimo articolo, sul suo male e su quello che aveva scoperto sul servizio sanitario inglese, sui malati di tumore e la loro forza, e su se stesso, che poi è il motivo per cui AA Gill era unico. Scriveva della Brexit o della sua amata Scozia – era nato a Edinburgo, da genitori inglesi ed era andato “al sud” quando aveva un anno, ma si sentiva la Scozia dentro – e raccontava storie di uomini, dei loro sentimenti, di come ci si percepisce, della lotta tra il cuore e la ragione, e della necessità di immergersi nel mondo, anche quando scappi da casa tua, anzi, proprio quando scappi. AA Gill a trent’anni era finito in una clinica per alcolizzati, la sua compagna che gli aveva promesso “una birra in frigo per l’eternità” lo aveva lasciato solo con le sue sbronze ingestibili, e lui voleva guarire ma non capiva perché avrebbe dovuto farlo: come ha raccontato in “Pour me”, il suo memoir, era dislessico con le lettere e con i numeri, non sapeva fare nulla anche se aveva già fatto di tutto, il cuoco, il giardiniere, il modello, e pensava che bere fosse la sua unica vocazione. Smise con l’alcool, iniziò a scrivere, divenne il più bravo – il suo “rivale” che recensiva ristoranti sul Guardian ha scritto: spesso cercavo di non leggerlo, ci faceva sentire tutti dei dilettanti – senza fare mistero del suo stipendio esorbitante e dei suoi demoni, il fratello chef scomparso, la difficoltà ad amare le donne (una, la madre di due dei suoi quattro figli, è il ministro dell’Interno Amber Rudd), il ruolo di padre che è stato il motivo per cui è rimasto sobrio per sempre. L’ultimo articolo è arrivato quando lui era appena morto: scrive che l’ha consegnato in ritardo perché per due settimane non è riuscito a scrivere, troppi dolori. Ma quanto, da uno a dieci? Non so fare paragoni, dice, ho vissuto una vita borghese protetta e non violenta, ma ecco un’agonia così non l’ho mai sentita, grazie per la domanda. La terapia che potrebbe dare ad AA Gill un po’ di tempo in più non viene somministrato dal servizio sanitario nazionale, si chiama nivolumab e costa troppo: non è una cura, è un modo per allungarti la vita, “più vita con i tuoi figli, più vita con i tuoi amici, più vita per tenersi per mano, più vita condivisa, più vita da spendere – ma soltanto se puoi pagare”. AA Gill fa la chemioterapia, e non funziona, all’ultimo appuntamento non va, sa già che il suo tumore non si è ridotto, l’infermiera arriva, gli chiede il giorno di nascita e la via in cui abita – chiedono sempre a tutti la stessa cosa – e lo rimbrotta: ti aspettavo, dovevi essere giù con me a fare la chemio. Be’, abbiamo scoperto che non funziona con me, dice AA Gill, e l’infermiera si prende la testa tra le mani, “f***, f***, è orribile. Penso che stia per mettersi a piangere – scrive AA Gill, l’ultima sua frase pubblicata – Guardo da un’altra parte. Non ce l’hai tutto questo con la sanità privata”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi