Jeremy Corbyn (foto LaPresse)

Alla festa di Momentum, il gruppo corbyniano che aspira al divano di casa Labour

Paola Peduzzi
Al “The World Transformed”, il festival di Momentum, si è presentato sabato anche Corbyn, per prendersi applausi sentiti, evitare i denti stretti dei suoi colleghi laburisti, e dire che il lavoro di questo popolo “è essenziale” – e certamente lui non potrebbe fare senza.

A Liverpool il clima non è festoso, dicono i commentatori inglesi, permane quell’aria pesante che ormai contraddistingue tutti gli appuntamenti del Labour, aria da divorzio che non si consuma mai, moderati e radicali che vivono da separati in casa tirandosi ciabatte, vivendo di dispetti e di rimpianti, senza mai trovare il coraggio di sbattere la porta, andarsene, non tornare più. I radicali che ormai, grazie a Jeremy Corbyn, si sentono maggioranza non hanno alcuna intenzione di uscire di casa, perché dovrebbero?, i moderati invece si tormentano ma non sanno bene dove andare: così stanno fermi, immusoniti e inaciditi, a caccia di un leader alternativo che tarda a palesarsi.

 

Poco più in là invece, al di fuori dall’arena rabbiosa della conferenza del Labour ma abbastanza vicino da non passare inosservata, la festa c’è: è un revival sovietico tutto rosso e pieno di grandi progetti, come includere invece che escludere, condividere invece che dividere, prendersela un po’ con gli ebrei e naturalmente abolire la povertà. E’ la festa di Momentum, il gruppo di attivisti che accompagna passo a passo Jeremy Corbyn, rieletto leader del partito sabato scorso, garantendogli quel sostegno della base che è diventato il mantra del corbynismo: il popolo sta con noi. Questo popolo anima la kermesse “artistica” chiamata modestamente “The World Transformed”, il festival di Momentum dove si è presentato sabato anche Corbyn, per prendersi applausi sentiti, evitare i denti stretti dei suoi colleghi laburisti, e dire che il lavoro di questo popolo “è essenziale” – e certamente lui non potrebbe fare senza.

 

Momentum è nato con l’elezione di Corbyn dello scorso anno, ma ha iniziato a mostrarsi e rivendicare il proprio ruolo dopo il referendum sulla Brexit, quando la politica britannica è esplosa e bisognava difendere il leader del Labour dalle accuse di antieuropeismo e di boicottaggio della campagna per il “remain”. L’operazione è riuscita alla grande, Corbyn è di fatto l’unico leader politico sopravvissuto allo choc della Brexit, e Momentum è diventato un caso da studiare per tutte le sinistre che vogliono fare come il Labour, cioè dimenticare gli ultimi trent’anni di storia – loro e del mondo intero.

 

Al festival di Momentum vanno forte le magliette contro la Thatcher, gli stand pacifisti (in cui i veterani di guerra non escono bene), le iniziative per le famiglie in cui i bambini devono scoprire che mandato politico dare al loro orsacchiotto di peluche, un libro di poesie dedicato a Corbyn (c’è chi si fa invitare nelle trasmissioni di politica e recita i poemi) e tante, tantissime immagini e slogan sul leader laburista che riuscirà a fare la storia, spodestare i conservatori, riscrivere le regole del progressismo moderno. E’ tutto un brulicare di richieste e petizioni, all’affollato incontro sulla questione dell’antisemitismo all’ingresso si poteva firmare per espellere il “Jewish Labour Movement” dal Partito laburista – del resto, ad animare il dibattito c’era la vicepresidente di Momentum Jackie Walker, che era stata sospesa dal partito per aver detto che gli ebrei sono i responsabili della schiavitù ma è stata riammessa perché le sue parole “erano state prese fuori contesto”.  

 

All’inizio del mese, Channel 4 aveva trasmesso un documentario su Momentum dal titolo “Dispatches” che voleva mostrare le ombre del movimento, i personaggi sfuggenti che lo animano, il progetto politico di rifondazione radicale del Labour. Come spesso accade quando si tenta di parlar male delle nuove amanti, e come accade sempre più spesso nella politica odierna (complice il trumpismo) s’è ottenuto l’effetto contrario: i media ostacolano Momentum! Hanno paura! E alla festa di Liverpool la musica si è alzata ancora più forte, il divano di casa Labour visto da lì sembra davvero comodo.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi