Il laburista Ed Balls alla trasmissione Strictly Come Dancing 2016 (foto LaPresse)

Una crisi di mezz'età tra paillettes e sconfitte dà una lezione al Labour inglese in crisi di idee

Paola Peduzzi
La sconfitta ha reso Ed Balls più umano, la sua autobiografia parla del fallimento, della vulnerabilità, della necessità di reinventarsi. Fino a qualche anno fa l’ex ministro pensava che ogni debolezza fosse sintomo di sconfitta, che nel mondo della politica ci fosse spazio soltanto per chi è robusto e aggressivo. Merito anche di Ballando con le stelle.

Ed Balls era uno dei politici più antipatici del Regno Unito. Brontolone, arrogante e presuntuoso, riusciva a far sembrare docili colleghi laburisti che non lo erano affatto, e anche se a volte diceva le cose giuste, non spessissimo, difenderlo era impossibile. Persino quando ha litigato con il suo capo-compare, l’ex leader del Labour Ed Miliband, un altro non esattamente empatico, nella gara tra i due Ed, Balls arrivava comunque secondo. Poi ha perso il suo seggio alle elezioni del 2015, in diretta tv (era stato scelto come il mastino laburista da mandare ai talk show per commentare exit polls e risultati, è impallidito quando ha visto i primi dati, ha cercato di mantenere il suo piglio scontroso, scalciando via come un mulo la consapevolezza di una disfatta che diventava via via più brutale, fino a quando ha realizzato che pure il suo seggio era in bilico, anzi, era perduto, e lì, perdente senza via di fughe, è stato perfetto, umilmente perfetto), poi ha pubblicato il suo memoir, poi nel fine settimana si è presentato come concorrente di Ballando sotto le stelle, dichiarandosi in completa, irreversibile, crisi di mezz’età, e tutto è cambiato. La sua compagna di ballo, Katya Jones, lo prende in giro su Twitter, lui risponde a tono (ha imparato a usare il mezzo, cosa che non sapeva fare: scrisse qualche anno fa un tweet con il proprio nome, soltanto “Ed Balls”, e da allora molti giornalisti inglesi, che sono noti torturatori, celebrano l’EdBallsday, ricordando quella figuraccia), e il video in cui Balls si muove scomposto e paillettato, impegnatissimo in una mise violacea, con un buco in fronte a conclusione di serata, ruba il cuore. Lui ammette di avere la grazia di “un lumacone” (la sua famiglia lo ha paragonato a un giocatore di rugby), la produzione gli ha già fatto sapere che deve tacere mentre balla – canticchiava – ma il tifo ora è tutto per lui.

 



 

Ed Balls è un uomo combattivo e ambizioso, nel suo memoir, “Speaking out”, che viene pubblicato oggi dopo le anticipazioni sul Times, ricorda gli scontri con Tony Blair, le battaglie per non adottare l’euro, l’amicizia professionale con Gordon Brown, la distanza siderale con Ed Miliband (per non parlare dell’attuale leader Jeremy Corbyn), la voglia, la pretesa, di diventare cancelliere dello Scacchiere, obiettivo finale di una carriera da economista puntiglioso, e la fine di quel sogno. La sconfitta ha reso Ed Balls più umano, la sua autobiografia parla del fallimento, della vulnerabilità, della necessità di reinventarsi. Fino a qualche anno fa l’ex ministro pensava che ogni debolezza fosse sintomo di sconfitta, che nel mondo della politica ci fosse spazio soltanto per chi è robusto e aggressivo: Blair lo detestava proprio per questo, Brown se lo teneva vicino proprio per questo. Poi la sconfitta è arrivata davvero, immutabile, ed Ed Balls ha rimesso insieme i pezzi della sua vita, oggi fa il tifo per sua moglie, Yvette Cooper, che sforna lasagne e sogna di diventare leader del Labour, si occupa dei tre figli che sono stati tenuti lontani dai riflettori a suon di negoziati tra i due coniugi su chi andava a casa a cucinare, sfoga la sua crisi di mezz’età sgambettando glitterato su un palco.

 

Forse così la gente imparerà ad amarlo, forse ora sarà più facile apprezzarlo mentre mena fendenti a chiunque, perché “si deve dire la verità a chi ha il potere”, ma l’affetto ritrovato, dopo vent’anni di sostanziale disamore, rischia di essere inutile: se mi chiamassero di nuovo dal Labour, dice Balls, mollerei tutto, la tv e i corsi ad Harvard, tornerei come un fulmine laddove ho dato tutto. Ma non mi chiameranno, “non penso che accadrà, perché so di non essere io la risposta”. Nel Labour che implode attorno al suo corbynismo tirando somme volgari sulla stagione blairiana, l’ex più-antipatico-di-tutti dice quel che nessuno osa ammettere: dopo tante sconfitte così, dopo un’involuzione così, bisogna ripartire da zero, lanciarsi, rivoluzionarsi, se servono le paillettes mettetevele, se non servo io lasciatemi a casa, basta che la smettete di lagnarvi, e ricostruite questo nostro amatissimo Labour.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi