Quando Valls e Macron finiranno alle mani, almeno organizzate uno spettacolo aperto al pubblico

Paola Peduzzi

    I tradimenti sono la linfa della politica francese, non c’è leader arrivato dalle parti di Matignon o dell’Eliseo che non abbia dovuto ammazzare – politicamente, professionalmente, personalmente: non c’è il sangue, ma tanto non serve – un mentore, un amico, un fedele collaboratore. Durante la presidenza da narcolettici di François Hollande siamo stati costretti a parlare a lungo di croissant mattutini per rimanere svegli, senza mai credere davvero che tante donne avessero potuto accapigliarsi per conquistare il cuore del presidente, respingendo con forza la banalità del fascino-del-potere, ma restando comunque con troppe domande irrisolte. Ora però tutto sta cambiando, e l’Obs in edicola in questi giorni ci fornisce tutto quel che è necessario per appassionarci al prossimo tradimento, molto sexy e probabilmente falso, che può accompagnarci fino alle prossime presidenziali. E’ lo scontro tra Manuel Valls, il premier, ed Emmanuel Macron, il ministro dell’Economia.

     

    L’unica volta che ho parlato con Valls, ormai più di un anno fa alla festa dell’Unità di Bologna, Macron era appena stato nominato, pareva già un marziano planato su Bercy – ex banchiere, giovanissimo, liberista – ma Valls lo difese senza esitazione, è il migliore che c’è, disse. I giornali raccontavano che Macron era stato una scelta di Valls, e quindi pareva piuttosto scontato che il premier ne parlasse bene, pure se già allora Valls stroncava qualsivoglia possibilità di toccare il regime lavorativo delle 35 ore, che invece Macron leverebbe senza nemmeno passare dal Parlamento. Oggi scopriamo invece che Valls non ha scelto Macron, se l’è ritrovato e ha sorriso, perché non poteva fare diversamente, perché il segnale di cambiamento sarebbe stato fortissimo, e ce n’era un gran bisogno, e forse perché già intravvedeva nel giovinetto senza alcuna esperienza politica, ma con una straordinaria tendenza a dire tutto quel che gli passa per la testa, un capro espiatorio pressoché perfetto. A più di un anno di distanza, il piano sembra funzionare alla grande: nella chiacchierata faida tra i due riformatori in chief della Francia il popolo socialista, quando riesce ad accantonare l’ambizione di portare a termine un golpe corbynista pure a Parigi, sta tutta la vita con Valls.

     

    Sull’Obs, Macron è definito “un blairista versione 3.0” (chissà chi conta come il 2.0 nella mente della redazione del magazine sempre più radicaleggiante), “prodotto puro dell’enarchia, senza empatia per le vittime della mondializzazione”: quel che il resto del mondo chiama “macronomics” del ministro “so charming”, i socialisti lo chiamano “macronnerie”, un’altra cazzata di Macron. Fin qui tutto normale: il ministro posseduto da un’ambizione feroce, che usa la rete con una spregiudicatezza inusuale (partecipa a dibattiti organizzati via Facebook!, lancia hashtag!), rappresenta tutto quel che la sinistra tradizionale detesta. Poi però arriva Valls. Ufficialmente va tutto benissimo, i due sono i volti della modernità, “il ministro talentuoso va sostenuto fino alla fine”, ha detto un mesetto fa il premier, e i suoi fedeli continuano a ripetere che Macron è tanto simpatico, tanto coraggioso, e lo dicono sorridendo, aspettando il momento in cui si schianterà talentuosamente da solo.

     

    Nel frattempo però Macron non soltanto ha sostituito Valls nel cuore degli imprenditori, pazzi del ministro che si pone sempre tanto bene, ma anche in quello di Hollande: a prima vista sembrerebbe invero poco rilevante, ma in vista di un posizionamento elettorale lo è eccome. Ora Macron è il “chouchou” del presidente, attorno c’è un gran piagnisteo di chi dice “cos’ha lui più di me?” (la lista è lunga, verrebbe da rispondere), e Valls inizia a intuire l’incubo in arrivo. Per questo pare che abbia dato un ultimatum al suo bel ministro: piantala, o finisci male. Ma Macron non riesce a stare zitto, ha una verve riformatrice incontenibile, “le sue buone idee” sono perfino popolari, in alcuni ambienti, e si gode la sua fama di “dinamitardo”. Valls per ora continua a parlare di complementarietà con Bercy, ma l’agguato si sa che arriverà, si spera soltanto che lo spettacolo sia aperto al pubblico.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi