Dimenticare il rombo della moto di Varoufakis è possibile solo se il suo capo non combina altri scherzi

Paola Peduzzi

    Se n’è andato con un punto esclamativo, Yanis Varoufakis, con un post sul suo blog, l’aria da macho e il sorriso che nasconde segreti che non sapremo mai, il giorno dopo aver vinto la battaglia più importante, quel referendum greco scombiccherato fin nel suo quesito che ha messo l’Europa in un angolo. Varoufakis non sarà più il ministro delle Finanze, continuerà a fare il deputato di Syriza – lo vedremo ancora seduto per terra con gli occhi stanchi e le gambe incrociate che ascolta il premier Alexis Tsipras mentre convince il Parlamento di essere dalla parte giusta della rivoluzione? – ma non sarà il volto più noto del governo aggressivo di Atene, il capo dei “bad guys” che stanno sconvolgendo il continente.

     

    Si è dimesso nel giorno della vittoria, un colpo di scena perfetto, con gli ultimi giornalisti che l’hanno intervistato in questi giorni che non possono nemmeno tormentarsi per non avergli fatto la domanda da scoop: se vinci, te ne vai? Chissà cosa avrebbe risposto Varoufakis poi, lui che i giornalisti li odia, e da mesi passa il tempo a rettificare, a dire che ha usato un’espressione e invece ne è stata riportata un’altra (al Corriere della Sera ne sanno qualcosa), ancora domenica sera, quando attorno a lui la Grecia festeggiava – cosa ci sarà poi da essere felici – e l’Europa si ripiegava su se stessa, lui puntualizzava che aveva usato un condizionale laddove gli avevano attribuito un indicativo. A nessuno è venuto in mente di fare una domanda del genere, e forse Varoufakis non conosceva la risposta (certo non l’avrebbe data): non sappiamo quando è scattata l’ora del sacrificio, quando Tsipras ha capito che dopo aver organizzato la grande dimostrazione popolare si sarebbe tornati a negoziare, più forti nel consenso interno, ma deboli quanto e più di prima quando ci sono da fare i bonifici per gli stipendi dei dipendenti pubblici. Il sacrificio è arrivato dopo la grande serata della conferenza stampa in maglietta, la celebrazione della dignità greca e tutto il resto, con i commentatori allibiti: siamo abituati a politici che perdono e non si dimettono, questa proprio non l’avevamo mai vista.

     

    Ci mancherà? I “bad guys” mancano sempre, anche se ci piace ripetere che no, che per fortuna se n’è andato da solo e non abbiamo dovuto inventarci qualche declinazione di ghosting collettivo, che tanto avevamo imparato a fare a meno di lui, era già stato esautorato da parecchie settimane, Tsipras gli aveva tolto il mandato di negoziatore in chief (i danni evidentemente voleva farli mettendoci del suo), insomma non pingeremo. Varoufakis non è soltanto un ideologo della rivoluzione popolare a costo zero – che bella trovata – che si è reso conto che studiare economia non è poi così da prescelti, meglio andare all’origine dei problemi, cimentandosi con la matematica pura: Varoufakis è anche quello che ha sdoganato la moto e la maglietta e il bomber assieme a una casa favolosa sull’Acropoli con moglie bionda tinta. Un’icona sexy, come hanno ripetuto con ampio spazio signore e giornali (mi è capitato di vederlo da vicino, Varoufakis, e di vedere molte ragazze farsi un selfie con lui mostrandolo poi con le gote arrossate ai presenti, e di essermi sentita dire “sarai anche tu una che impazzisce per lui” e di non essere stata creduta quando ho risposto “ma sei scemo”), uno che compare sulle magliette (su eBay se ne trovano parecchie), con il cappello del Che o più spesso con il dito medio alzato, anche se lui in pubblico quel dito in realtà non lo ha mai alzato. Ci mancherà perché mancano sempre quelli come lui, i palesemente stronzi che sai fin dall’inizio che soffrirai, che lui ti tormenterà, e andrà e tornerà e poi ti dirà che piuttosto che stare con te si taglierebbe un braccio e che nel gran finale, quello dell’addio, ti farà sapere, con un punto esclamativo, che il tuo disprezzo è un bel vestito da portare con orgoglio, altro che cravatte. Mentre cercheremo di memorizzare quanti soldi ci devono i greci, impareremo poi davvero a dimenticare, qualche sospiro sul machismo, e il sollievo di esserci tolti di mezzo il più marxista di tutti. Sempre che il premier greco non ci voglia combinare altri scherzi: caro Tsipras, se vuoi farci dimenticare Varoufakis, che sia per sempre, non è che adesso la rivoluzione la fai lo stesso e noi non possiamo nemmeno inventarci di esserci emozionate quando abbiamo sentito il rombo della moto.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi