David e Ed Miliband (foto LaPresse)

Miliband, gli effetti letali delle parole (e delle scelte) mancate, la lotta rosa nel fango per un “Future whatever”

Paola Peduzzi
L’ex leader del Labour inglese si è dimenticato, al discorso della conferenza di partito del settembre scorso, il paragrafo sul deficit, voleva andare a braccio, si è infilato in un filone e poi quando ha finito si è accorto che quella parte lì non l’aveva più detta.

Ed Miliband si è giocato tutto il giorno in cui si è dimenticato un paragrafo di un discorso, ha raccontato Patrick Wintour in uno di quegli articoli che non sono un retroscena, ma la sceneggiatura di una serie tv sul fallimento di una leadership politica. L’ex leader del Labour inglese si è dimenticato, al discorso della conferenza di partito del settembre scorso, il paragrafo sul deficit, voleva andare a braccio, si è infilato in un filone e poi quando ha finito si è accorto che quella parte lì non l’aveva più detta. Dopo il discorso si è chiuso nella camera d’albergo, non voleva uscire né vedere nessuno, gli speechwriter si tormentavano, qualcuno suggeriva ingenuo: magari non se ne accorge nessuno. Come no, il leader che non-cita-mai-nemmeno-una-volta il deficit ci ha perso le elezioni su quell’oblio.

 

Ma ci si dimenticherà anche questo, prima o poi, Miliband è stato archiviato con i suoi errori tattici e ideologici, la lezione che tutti hanno appreso (ci si dimenticherà presto anche questa) è che se non scegli tu, come leader e come partito, non sarai mai scelto dagli elettori, che è un po’ come accade nelle coppie: se non mi aiuti quando ci sono decisioni importanti da prendere, cosa ti sposo a fare? Lo spettacolo però non è finito perché in vista di una corsa alla sostituzione di Miliband che già pare caotica ci toccherà sorbire cose che non è che volessimmo proprio vedere, tipo la lotta nel fango tra le due mastine del Labour, Liz Kendall e Yvette Cooper. La seconda è una donna molto nota, ha lavorato come ministro, cucina le lasagne a casa, le offre a ospiti sceltissimi mentre traccia i contorni del Labour che verrà. Un Labour che le assomiglia, l’alternativa ai conservatori vinci-tutto, che affonda le sue radici nel mondo di Gordon Brown e poi si contorce in mille distinzioni fumose, sostanziandosi per ora in una sola certezza: il Labour di Yvette non si “ingoierà il programma dei Tory” (bisogna anche considerare che la signora Cooper ora deve mettere in conto un marito soprannominato “il mastino del keynesismo”, Ed Balls, che gira per casa in ciabatte perché ha perso il seggio alle elezioni). Chi si è ingoiata il programma dei Tory è, nella visione di Yvette, la rivale Liz Kendall, squadra blairiana e molto jogging mattutino, che domenica, sul divano televisivo di Andrew Marr su cui si consuma ormai tutto quel che rileva nella politica britannica, ha detto: “L’unica cosa che ho ingoiato è l’enorme sconfitta che abbiamo subìto che ci costringe a rivedere tutto”. Al grido “change everything”, la Kendall si conferma la candidata alla leadership del Labour più riformatrice, l’unica figlia del New Labour rimasta in corsa. Ancora non si sa quale sarà la proposta di Kendall, certo ha l’aria da terza via riadattata al passare degli anni, ma per ora è soltanto scontro con la Cooper e non è detto che avrà risultati positivi né per le signore né per il partito. Il candidato più popolare al momento è un terzo, quell’Andy Burnham che ha navigato a vista negli anni dello scontro Blair-Brown e che sa come occhieggiare ai vocianti sindacati senza perdere contatto con il mondo del business tradito dal Labour. Cooper e Kendall fanno il lavoro sporco, contando di far dimenticare il recente passato e di posizionarsi come candidate del cambiamento, con ancora tanto da definire, e qualche discorso significativo da tenere. Con la speranza di non dimenticare mai paragrafi o al limite di avere l’abilità di Selina, protagonista della serie tv “Veep” (ideata dallo scozzese Iannucci), che al discorso più importante della sua carriera legge malamente il gobbo non avendo gli occhiali con sé e si trova a dover improvvisare da sola su un tema che gli speechwriter hanno lasciato, come dire, non svolto: “Future whatever”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi