Che gioia quando la mamma-sergente cambia idea. Jeb Bush ne sa qualcosa (e pure sua moglie)

Paola Peduzzi

Se la mamma dice no è no, ma se la mamma cambia idea, che sollievo, che festa.

    Se la mamma dice no è no, ma se la mamma cambia idea, che sollievo, che festa. Non accade spesso, anzi: è difficile che una madre si rimangi la parola, ne va della sua immagine pubblica, è una prova di forza, con le altre mamme soprattutto, su chi tiene il punto con più fermezza, ah a casa mia il televisore non si accende mai, ah l’iPad che orrore, ah alle sette e mezza dormono tutti, ah se qualcuno si alza da tavola non mangia più niente fino al pasto successivo (sono tutte bugie, falsità, cattiverie). Ma a volte accade. “Hei Jeb, sono io, la mamma”: Barbara Bush, vestita di verde, con gli occhiali sul naso e l’aria mezza severa mezza divertita, si è collegata via Skype mentre suo figlio Jeb parlava di politica e Casa Bianca in Florida, venerdì sera. E’ comparsa dal nulla, su due mega schermi, mentre il figlio ricordava che pure nella sua famiglia c’erano parecchie perplessità sulla possibilità di candidarsi per diventare il terzo presidente americano della famiglia Bush, e ha detto: “Ascolta, cosa intendi dire con ‘ci sono stati troppi Bush’? Ho cambiato idea!”. Applausi, lei gongolante, lui di più: Barbara aveva dichiarato due anni fa che dopo il marito alla Casa Bianca, dopo il primogenito George W. sempre lì, presidente come papà nel giro di un decennio, non vedeva affatto possibile un’ulteriore candidatura bushiana. Due sono sufficienti: Jeb, tesoro, non provarci nemmeno. Invece ora la posta in gioco è “troppo grande”, c’è da buttarsi e rischiare, se lo dice persino la mamma, credeteci (Jeb l’ha ringraziata, sei la mamma più brava del mondo, la migliore, e lei scuoteva la testa, sì lo so che lo dici ma non lo pensi, e tutti ridevano).

     

    Barbara ha incontrato il suo futuro marito a 16 anni, ha avuto sei figli, la seconda, Robin, è morta di leucemia a quattro anni e dopo pochi mesi Barbara aveva i capelli tutti bianchi, il quarto figlio, Neil, era dislessico e così tutta la vita Barbara si è occupata di alfabetizzazione, soprattutto quando era first lady, ma anche prima, più nascosta, quando per seguire il marito aveva cambiato casa ventinove volte. Dice che “il mio successo nella vita è il risultato di un buon matrimonio”, e ride mentre il resto del mondo inorridisce, tante campagne per le donne emancipate e poi arriva questa bella signora e parla di buoni matrimoni, non prova mai nemmeno a lavorare, si occupa dei suoi figli, aiuta a fare i compiti, va alle recite, organizza le merende, il papà è spesso assente, lei c’è. Si è dedicata esclusivamente alla famiglia, i figli prima e i nipoti dopo, “sono la nonna di tutti”, dice oggi sorridendo, ha scritto un libro “assieme” al suo cane Millie (lo spaniel più famoso della Casa Bianca, Bush sr la citò quando cercava di farsi rieleggere per il secondo mandato), sanno tutti che in pubblico è compostissima ma in privato sa essere spietata, quando suo marito era presidente lo staff era terrorizzato da lei, e il figlio George W. diceva: “Ogni mamma ha il suo stile, la mia aveva quella del sergente istruttore”. Ma poiché è una brava moglie, “the good wife” in tutta la sua potenza, Barbara non si dimentica mai di ricordare che la passione della sua vita è sempre stato suo marito: anche all’incontro di Jeb l’ha fatto, ha mostrato su Skype George H. Bush, che ha alzato la mano per salutare e di fianco a sua moglie pareva così anziano, così spaesato, che veniva da chiedersi perché Barbara non sia stata la prima presidente donna dell’America. Erano gli anni della Thatcher, in fondo, donne di ferro al potere: se una che è stata first lady e pure first mother avesse giocato in proprio, la “Dynasty” bushiana sarebbe stata senz’altro diversa.

     

    Forse però Barbara si diverte più là dietro, a farsi chiamare mammina e nonnina, a fingersi persa nel suo mondo di libri e cani, e poi a mettere tutti in riga: come fa lei il lavoro di capofamiglia, nessuno. E’ riuscita persino a creare un’alleanza con la nuora Columba, moglie di Jeb Bush e quindi candidata first lady a sua volta – un patto che ha un che di miracoloso. Già all’inizio degli anni Novanta, quando i suoceri erano la first couple d’America, Columba teneva a ribadire che a casa sua non si parlava di politica, mai: non sono interessata, diceva, alla mia tavola si parla d’altro. La signora non si è appassionata nemmeno quando suo marito è diventato governatore della Florida, è famosa più per le sue assenze che per le sue presenze. Ma ora anche lei ha cambiato idea, come Barbara o magari perché Barbara l’ha persuasa: “Mia moglie è la mia ispirazione, la mia anima gemella – ha detto Jeb, sempre venerdì, era la serata delle donne della sua vita – Sarà coinvolta nella campagna, baderà alla mia salute mentale, non so fare niente senza di lei”. Jeb non ha mai fatto mistero del suo amore per Columba, ha raccontato che un innamoramento così non l’ha mai provato in vita, solo con lei, non dormiva, non mangiava, pensava soltanto a quella donna, c’era un’attrazione che Jeb definiva “puro magnetismo animale”, che allora pareva una descrizione persino un po’ osé (la frase risale al 1986). Oggi Columba decide di reinventarsi assieme a Jeb, e ancora una volta saranno utili le parole della suocera: “Una first lady sarà sempre criticata, indipendentemente da quello che fa. Se fa tanto, se fa poco, è uguale? E quindi? Niente, è così”. Non ci si fa illusioni, alla corte di Barbara. Si obbedisce e basta.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi