Quasi una fantasia, le Fêtes galantes di Verlaine-Debussy vicino Torino

Mario Bortolotto

Quali siano, o possano essere le relazioni di musica e gastronomia è questione antica, vivacemente dibattuta nei secoli: ci viene subito alla mente il menu compilato da Karl Heinz Stockhausen.

    Quali siano, o possano essere le relazioni di musica e gastronomia è questione antica, vivacemente dibattuta nei secoli: ci viene subito alla mente il menu compilato da Karl Heinz Stockhausen.

    Il rapporto ritorna, con piacevolissimo esito, in un soggiorno recente ma protetto dalle Muse, senza meno: da amici meravigliosi preparando un banchetto sublime.

    Ecco una cittadina a breve distanza dalla “regal Torino”. È regione che ne ha viste di belle (e di brutte), fatti d'arme e paci mutevoli: magari firmate in un lato e nell'altro da un Savoia e da Napoleone già in forma spavalda.

    Nella campagna luminosa si susseguono villaggi eleganti con piccole chiese barocche e, magari, uno splendido campanile, che ha tutta la grazia del rococò, senza subirne il lezio. Siamo a Poirino: ma di dove verrà quel nome desueto non sappiamo di certo. Stante il passaggio francese, non sarà stato Poirin? Suonerebbe meglio davvero. È questa una zona dove lo splendore è un dato autonomo: ancora qualche chilometro, e scopriamo come la cittadina abbia una frazione che corrisponde al nome, anche più segreto, di Banna.

    Da alcuni anni vi si svolge una curiosa festa musicale (pensate alle Fêtes galantes di Verlaine-Debussy). Feste dovunque, anche gastronomiche. In breve, un'altra dopo le consuete; una patrona della musica, e non da oggi: Orsola Spinola e il marito Gian Luca. I quali, sette anni fa, alla musica appunto pensarono di dedicarsi. Di Mozart, di Chopin, di Brahms? Niente affatto: sibbene di giovani appartenenti all'ultima generazione. Si doveva intendersi con un maestro, ovviamente d'una generazione precedente. Il luogo sembrava, come è, ideale: un poco villa classica suburbana, un poco castello, e naturalmente castello con torre risalente – c'informano – a Carlo VIII, dilagante in Italia: ma quale architettura! E, lì accanto, una chiesa con divote pitture barocche; e poi, un'adeguata serie di stanze, e fra esse – acquisizione nuova – un auditorium, ove si sarebbero eseguite, con le partiture dei premiati, anche altre di compositori noti da tempo e, se occorre, da secoli.

    Un vastissimo giardino avvolge la fastosa dimora, affidato a uno stuolo di domestici, che sembrano anch'essi interessati alla magnifica impresa, e alla cucina! Ma in realtà tutto qui suona magico: un jardin féerique, come in Ravel all'incirca, ma con varianti: circondate da piante enormi (un ippocastano gigantesco, da sembrare eterno come un ciclope, e forse da esserlo), cascate di rose e trionfi di glicini e giaggioli.

    Se il nome Spinola (non si sa mai) non dicesse granché al lettore, cerchi di scorgerne un altro, che gli spetta: il vincitore di Breda secondo Velázquez: che, per noi, è il prototipo del gentleman.
    Naturalmente alla conclusione di ogni presenza viva arrivano (da Torino, s'intende, ma anche da Venezia, Parma, Roma, ecc.) discrete folle di entusiasti.

    È toccato quest'anno ai Neue Vocalsolisten eseguire due giovanissimi: Francesco Filidei, su richiesta della Fondazione Banna Spinola, con un madrigale (Dormo molto amore), e una ragazzina giapponese, Noriko Baba, con un enigmatico Goshu; sette altri madrigali del “maestro guida”, che era Salvatore Sciarrino, sempre squisitissimo; e, per concludere, altri sette, che vorremmo dedicati ai Marchesi, del Principe di Venosa, il tremendo Gesualdo, il tenebroso.