contro mastro ciliegia
Una Coppa di sanzioni per Putin
La finale di Champions via da San Pietroburgo, ma sui rubli di Gazprom, la Uefa per ora tentenna. Il softpower calcistico dello zar Vlad ora vacilla: il modulo "spendi e compra" (influenza) potrebbe non funzionare più. Per uno sport affamato di soldi, maledetti e subito, rialzare la testa però non sarà facile
Più o meno all’inizio degli anni Dieci, quando la Russia iniziava a gonfiare di anabolizzanti le sue ambizioni calcistiche, anche la Cina scoprì l’interesse del softpower attraverso il football. Putin ci ha dato più gas (ops), e non solo perché “i russi amano il calcio, ed è quello che chiamiamo amore a prima vista”, come disse allo stadio Luzhniki di Mosca all’apertura del Mondiale russo del 2018. Ma anche perché, mentre i cinesi ragionavano sulla tattica “investire per penetrare”, un complicato rituale di tiki taka dell’influenza economica, i russi hanno sempre puntato su un modulo cinico e verticale, “spendere per comprare”.
E non parliamo di calciatori, ovviamente. Del resto il calcio piace da sempre ai dittatori e ai regimi abrasivi in fatto di diritti umani, dall’Argentina dei generali al Qatar che s’è comprato i Mondiali e anche i più forti giocatori del mondo, ai Sauditi. Ma la Russia lo fa con più grandeur: così ha messo fin dal 2012 il logo di Gazprom sulla Champions, ha avuto i Mondiali, un pezzo di Euro 2020 e la finale di Champions quest’anno, che era prevista a San Pietroburgo. I cinesi, qualche anno fa, hanno deciso che il softpower costava troppo e rendeva poco e hanno semplicemente chiuso il business: e chi è rimasto con il culo al freddo, amen.
Putin invece non ha badato a spese, ma adesso qualche conto lo dovrà fare. Con un (raro) gesto di decenza la Uefa ha deciso che la finale di CL non si giocherà in Russia, ma allo Stade de France di Parigi: e fa niente se toccherà pagare penali agli sponsor. Del resto anche la F1 ha deciso che il GP di Russia a Sochi non si correrà. Quanto alle ricche sponsorizzazioni russe, in Germania lo Schalke 04 s’è strappato dalla maglia il simbolo di Gazprom, mentre il Manchester United ha chiuso un contratto in essere con Aeroflot. E’ tutto da vedere se i russi riusciranno a farsi pagare le penali: sono dalla parte del torto e non è che possano mandare in campo i blindati.
Ma sarebbe troppo facile chiuderla qui. La verità è diversa. La Uefa, per ora, non ha voluto decidere sull’altra misura che era sul tavolo: togliere il logo Gazprom dalla sponsorship ufficiale della Champions. Il problema è che costerebbe qualcosa di più di un beau geste: sarebbe rinunciare a una quarantina di milioni l’anno. D’altra parte, giocare la finale a Parigi per non giocarla alla Gazprom Arena di Pietroburgo, ma con i simboli del colosso russo sui cartelloni, risulterebbe un tantino imbarazzante. Del resto Gazprom è nel panel dei pagatori anche per Euro 2024. Il calcio non spiega la politica, ma gli sponsor qualche volta sì. Con Putin, il calcio internazionale – la Fifa sui Mondiali, la Uefa in Europa – si è comportato come l’occidente sul gas: ne ha bisogno, ed è disposto a chiudere gli occhi su tutto per averlo. Il calcio poi non è un business sano, si sa, raccatterebbe soldi ovunque e si venderebbe a chiunque. Putin lo sapeva, così pagava calcio e comprava influenza. E’ molto più del softpower, bellezza. Ma ora si vedrà.
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