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Oliver Stone: meglio i vietcong o il vaccino russo?

Maurizio Crippa

Il regista fissato col Vietnam, e con Putin, piuttosto che farsi vaccinare dagli amerikani si è fatto vaccinare con lo Sputnik V. Anche se pure i russi dicono che alla sua età è pericoloso. Forse andrà tutto bene, ma forse faceva prima a farsi impallinare dai vietcong

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Gli eroi son tutti giovani e belli, e hanno il diritto di farsi ammazzare come meglio credono: da un vietcong o da uno Sputnik, inteso “V”, il vaccino russo. Vale  anche quando non sono più esattamente giovani, e gli stessi russi sconsigliano fortemente lo Sputnik per chi abbia superato i sessant’anni. E Oliver Stone ne ha 74. Ma Oliver Stone è un magnifico ragazzo interrotto, la sua ispirazione è rimasta inchiodata lì, in Vietnam, quando doveva sparare contro i musi gialli ben sapendo che il nemico non erano loro, e neppure i rossi, ma i bianchi della Casa Bianca. Un’interruzione creativa che ci è costata una pletora di film tutti uguali: gratta gratta, anche se sei un natural born killer degli anni ’90 tutto cominciò ad andare male col Vietnam. Così ha fatto la sua scelta, e poiché siamo umanitari speriamo gli vada bene: era in Russia e vuoi la comodità, vuoi che doveva ringraziare Putin per quelle quattro ore di intervista che gli fece, l’ha fatto: “Ho fatto il vaccino qualche giorno fa. Non so se funzionerà, ma ho sentito parlare bene del vaccino russo”, ha detto in tv. Di fare il vaccino amerikano Pfizer, manco a parlarne. Nemmeno adesso che il commander in chief delle punture sarà Joe Biden: dannato militarista pure lui, almeno ci fosse stato il vecchio Bernie Sanders. Meglio l’impero dei rossi, pure se si sono fatti un po’ bruni. E tanta è la sua fiducia nella scienza dello Zar che s’è detto intenzionato a tornare nel paradiso realizzato di Putin  anche per la seconda dose. Che stando ai russi però, alla sua età, è rischiosa quanto la prima. Forse faceva prima a farsi sparare dai vietcong.

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