Contro Mastro Ciliegia

È peggio buttare le statue, o impiccarle al Faro europeo?

Maurizio Crippa

Il Parlamento ha ratificato la Convenzione di Faro, che mira a proteggere il patrimonio culturale. Tanti applausi ma il dirigismo etico è in agguato: no a limitazioni della cultura

Nell'ultimo numero del Foglio Arte l’artista sudafricano William Kentridge, noto al grande pubblico per avere affrescato “provvisoriamente” i muraglioni lungo il Tevere, parlando dell’attuale temperie iconoclasta che abbatte statue eccetera, dice: “Ci dovrebbero essere sforzi per pensare a storie alternative, ma non per cancellare quelle vecchie”. Bene. L’altro ieri il Parlamento ha ratificato, dopo lungo e tormentato iter, la Convenzione di Faro, ignota al grande pubblico.

 

Si tratta della “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società”, intesa a proteggere il suddetto patrimonio e i diritti dei cittadini di accedervi. In poche parole, una scartoffia piuttosto inutile, per quanto il governo, il Mibact e la maggioranza abbiano applaudito, in nome della correttezza universale. A essere contro soprattutto la Lega, e Vittorio Sgarbi, stavolta dal lato giusto del suo multipolarismo.

 

Il fatto è che almeno due articoli, il 4 e il 7, fanno sentire una certa puzza di dirigismo etico. Uno dice che il diritto al patrimonio culturale va sottoposto a “limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico”. L’altro che bisogna “stabilire i procedimenti di conciliazione per gestire equamente le situazioni dove valori contraddittori siano attribuiti allo stesso patrimonio culturale da comunità diverse”.

 

Quali limitazioni debba avere l’esercizio della cultura, e perché debba essere normato dagli stati, in effetti si ignora. Si butteranno giù solo le statue scorrette degli altri, illuminati dal Faro della democrazia?

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"