Barbecue e cammelli
Nella proverbiale dicotomia tra natura e cultura sto tutta la vita dalla parte della cultura. E anche in quella tra il cotto e il crudo preferisco il cotto. Però le stime sugli animali morti colpiscono anche me
Nella proverbiale, e sempre solida, dicotomia tra natura e cultura sto tutta la vita dalla parte della cultura, col beneplacito di Claude Lévi-Strauss. E anche in quella, non meno dirimente, tra il cotto e il crudo preferisco il cotto: prendendomi il rischio di accendere un barbecue di troppo, spargere CO2 da carbonella nel pianeta, organizzare e officiare sacri riti carnivori (mica solo i vegani hanno diritto a essere una religione) e surriscaldare ulteriormente l’uno e l’altro emisfero. Però non sono un mostro, suvvia. Gli incendi australiani e i canguri ustionati colpiscono anche me. E leggere dal Wwf – se possiamo fidarci delle stime del Wwf, a grande falò in corso, un po' più che delle stime sui morti ammazzati da parte della disinformatia iraniana – che sarebbero morti in questi giorni un miliardo di animali, beh fa impressione. Un miliardo. Altro che i visoni allevati per le pellicce e le oche per il foie gras. Un miliardo è una strage ambientale. Anche se poi leggi in rete geremiadi per il koala cui è stata fatta la sedazione profonda, e frasi tipo “lo strazio per la foto del koala ci rimanga addosso, impresso come un marchio indelebile”, e vien voglia di tornare dalla parte giusta di Lévi-Strauss. Poi però c’è anche questa notizia: che in Australia verranno abbattuti, da cecchini sugli aerei, diecimila cammelli. Innocenti, anzi colpevoli: perché bevono troppo. E allora pensi, attonito, a un vecchio film: non si uccidono così anche i Cinque stelle, quando scappano senza pagare il pizzo alla Casaleggio e Associati.
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