Matteo Salvini impugna un rosario durante un comizio(Foto LaPresse)

Cristo si è fermato al Papeete e la destra cattolica ha un problema

Maurizio Crippa

Lo scontro in atto nella chiesa è evidente. Ma, al momento, i fedeli salviniani sono in difficoltà e il Partito Spadaro sta bene

In tempi complicati per la fede e la teologia politica, persino Selvaggia Lucarelli può attingere a vette di buona dottrina. Ha twittato, martedì: “Salvini poteva prevederlo: ancora una volta la Beata Vergine Maria ha scelto Giuseppe”. Non fa un plissé. Il problema interessante non è però, in questa fase, discettare o giudicare (benché il famoso brocardo di Francesco – chi sono io per giudicare? – vada meno di moda, tra le coorti dei gesuiti, da quando la politica ha preso il sopravvento) sul grado di adesione alla fede, o viceversa di grossolana blasfemia, di Matteo Salvini e del suo armamentario religioso. Il problema interessante sono i cattolici – tanti e ad alta voce nel popolo, tanti ma silenti nelle curie – che hanno creduto, e ancora legittimamente credono, in Salvini come leader politico di una riscossa (Reconquista è una parola grossa) delle posizioni cristiane nell’agone nazionale. E, perché no, anche internazionale: guardando alla Terza Roma. Insomma i cattolici di fede e pratica elettorale destrorsa. Che ora si trovano, inopinatamente, con il loro aspirante Re Taumaturgo in panne, balena spiaggiata da una crisi parlamentare vecchia maniera, in cui il bizantinismo inveterato degli avversari si sta dimostrando, per ora, più scaltro. E vada come potrà andare, è un fatto che la luce divina che pareva, a molti visionari, circonfondere la figura del Capitano s’è di molto appannata.

 

Giratela come volete, ma Cristo si è fermato al Papeete. E la colpa (per altri il merito) non è certamente di Giuseppe Conte, per quanto sia devoto a Padre Pio e alla laicità politica di Aldo Moro. Non è quel suo accenno agli “episodi di incoscienza religiosa, che rischiano di offendere il sentimento dei credenti”, pur rumorosamente applaudito in Senato e sui social, ad avere cambiato il segno. Tantomeno è il risultato dell’inedita battaglia, “resistere resistere resistere”, dei vari padri Spadaro o dei vertici della Cei in materia di abuso delle sacre simbologie. Questo scontro fa parte dei rituali di ogni guerra politica guerreggiata.

 

Bisogna guardare ad altre reazioni, anche tralasciando i troll cristianisti che proliferano sui social, per capire che lo scivolone parlamentare e di governo di Salvini è stato malissimo digerito da quella parte di mondo cattolico diciamo, senza offesa, non progressista che nello schema leghista sovranista – Dio, patria, confini, famiglia e vade retro alla sostituzione etnica – aveva investito con fiducia. Un giornale online sicuro punto di riferimento per tanti cattolici di questo fronte come la Nuova Bussola Quotidiana ieri apriva la sua homepage con questo sommario: “L’anomalia populista della Lega al governo va cancellata, Francia e Germania vanno rassicurate e vanno create le basi per nuove maggioranze di sinistra. Questo europeismo implacabile, diretto a riportare l’ordine dei potenti dopo il voto indisciplinato degli italiani è talmente sfacciato da essere evidente a tutti. Si riesuma Prodi, il globalista Sachs detta la linea e l’ultima uscita di Papa Francesco su sovranismo e Hitler è stato come suonare la carica”. Segue analisi di Stefano Fontana. E Andrea Zambrano, altro ascoltato editorialista, scriveva: “La lotta è anche tra due visioni opposte della fede, due modi di concepire la presenza e il ruolo della religiosità. Uno scontro interessante da raccontare e difficilmente incasellabile perché visto quanto è accaduto in Senato viene da chiedersi se in un qualche modo la fede cattolica non venga utilizzata ancora come instrumentum regni. Il punto non è chi ci crede di più, ma chi riuscirà a risultare più credibile”.

 

Ora, laicamente parlando, la credibilità politica dei cattolici italiani di ogni appartenenza non brilla, da decenni, sopra i tetti. E’ evidente che, in assenza di un riferimento partitico comune (che fu frutto non solo dei tempi ma anche dell’arte politica del compromesso) e da tempo uscita di scena la “reggenza Ruini” (non per colpa di Bergoglio, o di Romano Prodi: times they are a changin’, anzi sono cambiati da un pezzo) sia in atto uno scontro di posizioni. Tra una parte che pensa che il ruolo e il destino della chiesa sia nella visione identitaria delle destre xeno-sovraniste e un’altra parte di popolo e gerarchie che la pensa all’opposto. Ma il punto, al momento, è questo. Che Salvini, in quanto leader politico-religioso ha dimostrato in una volta sola i suoi limiti e fallimenti: di gestione securitaria del paese, di credibilità internazionale, di adeguatezza all’umanesimo cristiano sui migranti e persino di patriottismo (vero Putin?). Mentre il partito Spadaro (chiamiamolo così, provvisoriamente, per ridere) che pure non c’è, ha dimostrato di poter esistere. Magari dopo un Sinodo-sfida all’Ok Corral. Per ora, Cristo si è fermato al Papeete. Poi si vedrà.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"