(Foto Pixabay)

Il “cimitero dei vivi”. Le ipocrisie di troppo sul carcere

Maurizio Crippa

Si suicidano anche i detenuti, e non solo i secondini. Qualche numero utile per i colleghi di Libero

Poi ci si rasserena, si raschia il barile della pazienza e ci si dice va bene, lascia stare, magari torna utile anche questa. L’importante è che se ne parli. Perché ovviamente c’è anche un po’ di vero nella storia che il carcere è “il cimitero dei vivi” (dai tempi di Filippo Turati non è cambiato poi troppo) per tutti: per chi è rinchiuso ma anche per chi tutti giorni gira il catenaccio. Soprattutto dove le prigioni sono come in questo paese. Però “E’ meglio essere carcerato che non secondino”, è un titolo da prenderli a calci in culo, sulla prima pagina di un giornale che di carcere si occupa di soltanto come luogo terminale di cui si deve “buttare via la chiave”. Insomma, su Libero.

 

Poi raschiato il barile della pazienza, si può dire che anche sì: è vero che le condizioni in cui questo stato violatore del diritto fa lavorare i suoi uomini grida vendetta: dalle paghe da fame ai turni senza turno over (ah, le risorse) alle condizioni ambientali e psicologiche. E 110 guardie che si sono suicidate dal 2000 sono un fatto. Anche se, e perdonate la contabilità, i suicidi di detenuti sono stati 67 solo nel 2018. E allora un calcio in culo a “meglio essere carcerato”. E soprattutto una domanda: i politici per cui fate il tifo, come il vostro idolo Salvini, o quelli per cui il tifo non lo fate più, siete furbi, come il ministro Guardagalere Bonafede, cosa hanno mai fatto per rendere il carcere un po’ meno “cimitero dei vivi”?

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"