Basilica patriarcale di Santa Maria Assunta, ad Aquileia - Storie di Giona - Giona gettato sulla spiaggia dal mostro marino in sembianze di pistrice

Giona nella balena, o il senso non vano del martirio

Maurizio Crippa
Poi dissero l’uno all’altro: ‘Venite, tiriamo a sorte, per sapere a cagione di chi ci capita questa disgrazia’. Tirarono a sorte, e la sorte cadde su Giona”. E lui rispose loro: “Sono Ebreo, e temo l’Eterno, l’Iddio del cielo, che ha fatto il mare e la terra ferma”.

Poi dissero l’uno all’altro: ‘Venite, tiriamo a sorte, per sapere a cagione di chi ci capita questa disgrazia’. Tirarono a sorte, e la sorte cadde su Giona”. E lui rispose loro: “Sono Ebreo, e temo l’Eterno, l’Iddio del cielo, che ha fatto il mare e la terra ferma”. E quelli gli dissero: “Che ti dobbiam fare perché il mare si calmi per noi?”. E lui: “Pigliatemi e gettatemi in mare, e il mare si calmerà per voi”. Non hanno tirato a sorte, hanno tirato cazzotti. E’ significativo che nessuno, nemmeno Avvenire, si sia ricordato di Giona. Dire che i cristiani uccisi non fanno notizia, che la profondità della guerra di religione è peggio della profondità del mare, o fare surf sulle guerre dei poveri sono cose buone, o di pessimo gusto. Fare del martirio dei cristiani un caso di isteria cognitiva, come fossero canzoni dei Pooh (“Chi fermerà il martirio? / l’aria diventa elettrica”) è vano.

 

“Giona nella balena / felice fu”, è una canzoncina che noi cristiani insegniamo ai nostri bambini. Non perché siamo imbecilli, ma perché Giona è prefigurazione della resurrezione di Cristo. Anche nel nostro occidente in cui nessuno sa più nemmeno di che parli, quell’antico mito, e se Gesù è resuscitato dai morti è una domanda retorica che interessa al massimo Emmanuel Carrére. C’è il sangue dei martiri. Ma se c’è un motivo sensato per essere martiri invece che carnefici, e un obbligo di difendere i martiri, è perché dopo tre giorni la Balena ha risputato Giona su una spiaggia, per andare a convertire Ninive. Non è stato vano.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"