(foto Wikimedia Commons)

La settima arte

Quando il film è fatto bene è breve, divertente e senza pretese di metaverso

Mariarosa Mancuso

La psicoanalisi è una grande produttrice di storie, come nel caso di "Toc Toc": pellicola spagnola che ruota attorno a sei personaggi, ognuno col suo disturbo compulsivo, riuniti nello studio del dottore

La psicoanalisi è una malattia convinta di essere la sua guarigione. Purtroppo non possiamo spacciarla come nostra brillante idea. Si deve a quel genio di Karl Kraus, un contemporaneo di Sigmund Freud poco sedotto dai sigari che non sono sigari, ma stanno per qualcos’altro. L’idea era scandalosa nella Vienna borghese ottocentesca. Ma già David Cronenberg, nel suo film con Viggo Mortensen con l’eterno sigaro in bocca, è costretto a chiarire: “A volte un sigaro è solo un sigaro”. Rivolto soprattutto agli spettatori – ormai esperti nell’interpretazione dei simboli, rubando il mestiere ai professionisti.
     

Poggiata com’è sul “romanzo familiare” (è sempre Freud che parla) – ovverossia le narrazioni che precedono la nostra nascita e un po’ ci condizionano, mai visti i bambini vestiti da femmine perché in famiglia volevano il rosa e i fiocchi? – la psicoanalisi resta una grande produttrice di storie. Film e serie continuano a saccheggiarla. In fondo è più interessante di un western spaziale con un uomo chiamato “Mandalorian”, fanno da ispirazione Sergio Leone e Akira Kurosawa. Ché ormai, quelli veri, chi se li ricorda più davvero? Citare è uno sport protetto, nessuno mai ti smentirà.
     

Il Mandalorian si porta in giro per la galassia Baby Yoda con il cappottino, vero nome Grogu. Non indaghiamo sui rapporti familiari (dal celebre e cavernoso annuncio “sono tuo padre”, tutto può accadere). Vogliamo richiamare l’attenzione sul fatto che, prima di rimettersi gli stivali e la giacca di Indiana Jones, Harrison Ford calza scarpe ortopediche nella serie “Shrinking” – sta per strizza cervelli – di Bill Lawrence e e Brett Goldstein. Quando ha le paturnie si chiude in una stanza al buio, mette una canzone triste e piange per un quarto d’ora.
   

Sarà un lapsus, un atto mancato, o semplicemente un’overdose di serie a disposizione? (per di più organizzate dall’algoritmo che all’inizio ci trovava compatibili con ogni cosa, ora è meno convinto). A pochi giorni dalla sua scomparsa – sarà disponibile solo fino al 6 maggio – abbiamo scovato su Netflix un film spagnolo divertente, breve, e senza pretese di metaverso. Viene da una commedia francese di Laurent Baffie, si intitola “TOC TOC” e riunisce nello studio del dottore sei personaggi. Ognuno con il suo bel disturbo ossessivo compulsivo. 
     

Emilio, tassista, è ossessionato dai numeri. Bianca ha la mania dell’igiene (sono quelli che escono dai bagni nei locali pubblici toccando la maniglia con il gomito, oppure avvolti fin ai gomiti nella carta igienica). Ana Maria – l’attrice di Almodovar Rossy de Palma – esce di casa e rientra cinque, sei, sette volte per controllare l’acqua, il gas, e il portone chiuso. Federico ha la sindrome di Tourette (come il detective Edward Norton nel film, da lui anche diretto “Motherless Brooklyn”). Spara insulti e parolacce, del tutto involontariamente. C’è chi non riesce a pestare le righe, in strada o sulla moquette: per maggiore sicurezza porta orrende calze con i disegnini.
     

L’idea dei pazienti che cercano di curarsi da soli era anche nel film di Carlo Verdone, “Ma che colpa abbiamo noi”: la terapeuta durante una seduta, immobile e in silenzio, muore. E il gruppo di pazienti se ne accorge dopo un bel po’. “TOC TOC” è un vero e proprio film, non prodotto da Netflix: per questo scadono i diritti e il film verrà prestissimo ritirato dal catalogo della piattaforma. Sono sempre i titoli migliori. Registi e sceneggiatori indipendenti mettono le idee, il film finito viene visto e comprato dalle piattaforme per la distribuzione. Un prestito a tempo, con scadenza. Segno che il film ha ancora un suo potenziale commerciale, nel noleggio o nei diritti venduti per il remake.

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