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rimpianti da leone (d'oro)

Il buon vecchio cinema non esiste più e non resta altro che la nostalgia

Alfonso Berardinelli

Il cinema europeo finito, le sale cinematografie sempre più tristi e il sorpasso definitivo del piccolo schermo: l'esperienza non è più come una volta. Riflessioni di un ex spettatore cinematografico davanti alla Mostra del cinema di Venezia

Vedo in tv le immagini del festival di Venezia, dive in posa, red carpet, intervistatori ecc. Ma quello che provo è soprattutto nostalgia del cinema, di quando andavo (si andava) al cinema, come se ora il cinema, quel cinema, non esistesse più e mi pare di capire che ogni vero regista oggi lo sappia. Anche la “decima musa” che sorprese, affascinò e cambiò la vita immaginaria di tutti nel Novecento, arrivando a mettere in ombra tutte le arti prenovecentesche, anche quella musa assolutamente e tecnicamente moderna è invecchiata. Eppure ha trionfato. Che cosa sono stati Stravinskij, Joyce, Picasso, Eliot, rispetto a Chaplin e John Ford? Che cosa sono stati Calvino, Pasolini, Fenoglio, rispetto a Sordi, Mastroianni e Gassman? Lo stesso Pasolini, quando se ne parla, è per il suo cinema, per quanto controverso sia. Il cinema aveva ipnotizzato anche scrittori come Moravia, Soldati e Giacomo Debenedetti perché ereditava la tradizione del romanzo, con le sue trame e i suoi protagonisti. Sembrava figlio del romanzo anche più che del teatro, a sua volta messo in ombra, relegato in un angolo.


Ma ormai il cinema si vede in tv, anche se come una delle cose migliori che in tv si riescono a vedere. Per i registi cinematografici il fatto che il piccolo schermo abbia sostituito il grande schermo delle grandi sale, è quasi un umiliante, un insultante destino. Perché non si va più al cinema? Mettendo da parte la pandemia (che ha dato il colpo di grazia) c’è anche il fatto che non ci sono più le grandi sale per il grande pubblico, e tutte le sale attuali, così piccole e semivuote “non fanno cinema”. Sembra di stare in casa d’altri, con una decina di vicini di casa, tutti immancabilmente anziani. E anche lo schermo, nelle sale piccole, sembra che sia più piccolo.


Negli ultimi giorni mi è capitato di rivedere in tv film come “Dramma della gelosia”, “Il sorpasso”, “La famiglia”, che non invecchiano: o meglio che invecchiano magnificamente, perché fanno epoca. Eppure in un volumone intitolato 1001 Film. I grandi capolavori del cinema (2003) a cura di Steven Jay Schneider e Ian Hayden Smith, nessuno di quei tre film compare. Evidentemente l’ostacolo deve essere che l’Italia è un paese internazionalmente poco comprensibile e poco compreso. La nostra comicità “domestica”, se arriva a piacere in altri paesi latini, non riesce però a smuovere la sensibilità anglosassone, da tempo universalistica, universalizzata dagli Stati Uniti e dal loro cinema. Siamo un paese comico, che si nasconde in una comicità che giustifica tutto; ma un paese di cui non si ride quasi mai al momento giusto. E’ piaciuto il pessimo Benigni della “Vita è bella”, mentre Monicelli, Risi e Scola sono a malapena noti.


Purtroppo, poi, il cinema europeo è quasi finito. Quello inglese langue. Quello tedesco tenne occupata per un decennio la generazione del ’68 con Fassbinder, Herzog, Wenders. Il cinema francese è diventato la caricatura di sé stesso: lo si riconosce e lo si evita subito, i suoi manierismi lo rendono infrequentabile. Dal mondo slavo e scandinavo non viene più quasi niente (Lars von Trier?). Prima e dopo Almodóvar sembra che in Spagna ci sia il vuoto. Del resto, da tempo, io sono poco informato, le mie opinioni valgono quelle di ogni ex spettatore cinematografico. Non ho mai avuto quella cieca passione per il cinema in sé che rende felice il “cinephile”. Se frequento le sale cinematografiche troppo raramente è perché i nuovi film sono troppo raramente buoni. Quando mi capitano in tv un anno dopo posso sempre cambiare canale: ma uscire di casa, attraversare la città, cercare un parcheggio, pagare il biglietto, per vedere un film noioso fin dai primi dieci minuti, questo è troppo. Da un cinema (sarà una superstizione) non si esce prima che il film sia finito!


Nei tempi in cui andavo al cinema era di per sé un sollievo, un’evasione, la più piacevole, comoda e proficua delle attività passive. Oggi quella passione abitudinaria si è persa. La tv ha guadagnato sempre più terreno quanto a comodità e passività. Ha creato abitudini molto più rigide e pigre. E questa è una prova del fatto che i nuovi media superano sempre quelli precedenti e il processo è irreversibile. Se così non fosse, chi li fabbrica per venderli, smetterebbe di fabbricarli. John Landis, l’autore di un capolavoro come “The blues brothers”, lo ha detto in una recente intervista: “Hollywood è al collasso: quando è arrivata la televisione tutto è cambiato”.

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