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Quanto coraggio serve per girare un film su “Rumore Bianco” di DeLillo

Mariarosa Mancuso

La nuova pellicola di Noah Baumbach, il regista di "Storia di un matrimonio", costata 140 milioni, inaugurerà la prossima edizione della Mostra del cinema di Venezia 

Per noi che scrolliamo Twitter come un tempo si guardavano le massime sugli almanacchi – non ridete, è a un calendario ungherese che Orson Welles ha rubato la battuta sugli svizzeri, i secoli di pace, e l’orologio a cucù – la santa del giorno è Joyce Carol Oates. Scrive: “La letteratura era divertente per definizione. Potevi fingere di essere qualcun altro, fare caricature e satira, essere sgarbato, crudele, prendere in giro gli altri e te stesso (Nabokov lo faceva con Humbert Humbert, a tratti). Adesso deve essere triste, beneducata, ‘corretta’”.

 

Quando la letteratura non era ancora triste, a metà degli anni 80, Don DeLillo scriveva “Rumore bianco” (poi vennero le annate grame, con “Body Art” e “Il silenzio”: titolo che non perdoniamo neppure a lui e neppure per una storia dove a zittirsi sono gli schermi e l’internet). Protagonista Jack Gladney, direttore del “Dipartimento di studi hitleriani” da lui fondato nel 1968 – senza spiccicare una parola di tedesco – in un immaginario College-on-the-Hill. Immaginario va specificato, Joyce Carol Oates trascura l’avvertimento “ogni cosa sarà presa alla lettera”. Un altro professore – sempre nel settore “popular culture” che allora era una novità – colleziona bottiglie di gazosa e sparla dei colleghi dicendo che “leggono solo le scatole dei cereali” (oltre alle carte del chewing gum e ai testi della canzoncine dei detersivi, citati in un’altra pagina). Un visiting professor si occupa di “icone viventi” – e meno male che sono negli States, qui ne abbiamo poche e neppure viventi, sempre le stesse, celebrate nelle pagine estive dei quotidiani.

 

Soffrono il caldo, e nel 1985 già considerano la morte per calore dell’universo già ben avviata. Poco lontano c’è “la stalla più fotografata d’America” con gente in fila per fotografarla. “Fotografano il fotografare”, dice il prof., prima di dedicarsi nuovamente alle sudate carte hitleriane (studia anche la sera che la famiglia dedica alla tv, una volta spento l’apparecchio e decodificato il programma). La figlia di una precedente consorte è stata due anni in Corea del sud. Al supermercato tutti i prodotti sono in confezioni bianche, è la nuova austerità. Mentre state pensando “ma quanto è bravo DeLillo a immaginare con quasi 40 anni d’anticipo il mondo di oggi”, noi stavamo pensando “ma quanto è coraggioso Noah Baumbach a girare un film tratto da ‘Rumore bianco’”. In effetti, ci sono voluti nove mesi di lavoro e 140 milioni di budget, gentilmente forniti da Netflix quando poteva spendere e voleva entrare nel salotto buono. Ce l’ha fatta, “White Noise” inaugurerà il 31 agosto la Mostra di Venezia (gli altri titoli selezionati si sapranno durante la conferenza stampa di domani).

 

Noah Baumbach – regista di “Storia di un matrimonio” – parrebbe il meno adatto a destreggiarsi con un romanzo in cui la domanda ricorrente è “chi morirà prima?”. Finché nel paradiso degli studi bizzarri arriva una nube nera e tossica, fuoriuscita da un vagone ferroviario. Immediata evacuazione, ma da quel momento due pensieri su tre parlano di morte.