Cannes sforna una lista esagerata di premi, ma Ostlund riscatta il pasticcio

Mariarosa Mancuso

Seconda palma d'oro in cinque anni per il regista svedese: Triangle of Sadness, satira e lotta di classe, sarà anche uno dei pochi film in concorso che incasserà bene. Omaggio ai Dardenne (ancora), ma senza darlo troppo a vedere. Premio della giuria anche alle Otto montagne

Dieci giorni di civili discussioni e di amore per il cinema. L’immaginetta è smentita da Vincent Lindon, presidente della giuria generoso di belle parole (scritte, come nella cerimonia d’apertura) ma piuttosto rabbuiato. A conferma, una lista dei premiati esageratamente lunga: su 21 film in gare ne sono stati premiati dieci, grazie agli ex aequo e a un premio speciale per il Festival di Cannes numero 75, andato a due film per non far torto a (quasi) nessuno.

Riscatta il pasticcio il film vincitore di Ruben Ostlund, “Triangle of Sadness” (sono le rughe d’espressione che vengono tra gli occhi e la fronte, vietate ai modelli maschi, concessa l’aria imbronciata). Seconda Palma d’oro in cinque anni per lo svedese - la prima era “The Square”. Tra i i pochi film del concorso che incasserà nelle sale - ogni film premiato aveva la sua bella data d’uscita, in Francia perlomeno, ricordata dallo speaker.

Brucia il ricordo dell’anno scorso: regista giovane e donna, una protagonista ingravidata da una macchina, pubblico scarso, 161 mila euro incassati in Italia, 400 mila spettatori in Francia, minimo storico per un film premiato (di peggio fece un tailandese). "Triangle of Sadness” ha i maschi in sfilata, le influencer, una crociera per ricchi sfondati sempre sul punto di incontrare un iceberg, un fuori programma (rispetto al Titanic) su un’isola deserta. Satira e lotta di classe.

Il premio speciale per i 75 anni è andato ai fratelli Dardenne e ai loro poveri. Due ragazzini immigrati, dal Benin e dal Camerun, che si fingono fratello e sorella. Lui è più piccolo e ha i documenti, era perseguitato per stregoneria. Lei non riesce ad averli, e si mette nei guai con un pizzaiolo che spaccia droga. Si capisce che qualcuno in giuria è stato tentato. Ma la terza Palma d’oro ai belgi era troppo per  un festival che si sforza di nascondere la sua età, facendosi sponsorizzare da Tik Tok.

Il premio speciale della giuria (denominazione loro) è andato a Jerzy Skolimowski: ha ringraziato chiamando per nome i sei asinelli che hanno recitato in “EO”. Ex aequo con “Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch che hanno ringraziato dal palco lo scrittore Paolo Cognetti (omaggio più unico che raro) e si sono a lungo sbaciucchiati. Pare che il romanzo, e poi il film abbiano aggiustato una crisi di coppia.

L’accoppiata più assurda mette insieme l’indigeribile francese Claire Denis con “Stars at Noon” (sesso in Nicaragua, durante la rivoluzione sandinista) e il giovanotto delle Fiandre Lukas Dhont con “Close”, il film che ha fatto piangere il festival. Due ragazzini che si guardano teneramente, finché una tragedia li separa. Perfetto per riempire le sale, che di questi tempi ne hanno tanto bisogno.

Migliore attrice: Zar Amir Ehrahimi per “Holy Spider”, il serial killer iraniano di Ali Abbasi (che vive in Danimarca). Miglior attore: il coreano Song Kang-Ho (in “Broker” di Hirokazu Kore-eda). Lei fa onestamente il suo lavoro, lui è strepitoso. Ma di nessuno vorremmo il poster in cameretta.

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