Michael Douglas e Gelnn Close in "Attrazione fatale" 

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Il gioco delle anteprime

Mariarosa Mancuso

Kevin Goetz ha organizzato migliaia di proiezioni, quelle segrete, a campione, senza che il pubblico neanche conosca il titolo di quel che sta guardando. Le reazioni a volte hanno portato a modifiche pesanti nelle sceneggiature. Come nel finale di "Attrazione fatale"

Difficile immaginare qualcosa in comune tra la morta ammazzata Glenn Close alla fine di “Attrazione fatale (era il 1987, le donne dopo un breve incontro si comportavano da stalker, del tipo che non fa prigionieri) e il finale di “The Martian”, quando Matt Damon torna sulla terra (dopo aver felicemente avviato una coltivazione di patate sul pianeta rosso).

 

Glenn Close secondo la sceneggiatura (e il primo montaggio di Adrian Lyne) avrebbe dovuto suicidarsi. Matt Damon nel film di Ridley Scott sarebbe rimasto lassù fino a chissà quando. Ma al pubblico delle anteprime – quelle segrete, a campione, senza che il pubblico neanche conosca il titolo di quel che sta guardando – i finali “originali” non piacquero. Fecero tornare sulla cara vecchia terra l’astronauta. Quanto alla fedifraga si alzò un grido unanime: “Kill the bitch” (oltre al moralismo di fondo, c’era un dettaglio non secondario: la fedifraga si suicidava, ma la colpa ricadeva sullo sposatissimo traditore Michael Douglas). 

 

Dietro i finali cambiati ci sono le anteprime, e dietro le anteprime c’è Kevin Goetz. Ne ha organizzate oltre 7.000 e ora racconta tutto in un libro intitolato “Audience-ology: How Moviegoers Shape the Films We Love”. Se già scatta il riflesso – “oh, ma che cosa orrenda, fanno così per guadagnare più soldi” – dovrebbe bastare il giudizio di Sacha Baron Cohen in arte Borat: “Le analisi che Kevin Goetz ha fatto sui miei film sono state preziose. Bisogna capire quando una commedia fa ridere, e rendere le scene comiche ancora più spassose”. Altre lodi sperticate arrivano da Judd Apatow, Ben Stiller, Charlize Theron: “Dopo che hai lavorato mesi su un film, le anteprime con il pubblico sono dolorose ma indispensabili”.

 

Il regista sotto esame solitamente va a sedersi nelle ultime file (la leggenda vuole che alcuni abbiano pianto e altri vomitato, quando il pubblico rideva nei punti sbagliati, o non rideva affatto). E ascolta: Kevin Goetz non soltanto mette insieme un campione rappresentativo, alla fine lo interroga sul perché e il percome. Ha scoperto così che “Jaws” non faceva abbastanza paura, e che il pubblico avrebbe gradito un numero musicale all’inizio di “La La Land”. Fatto e fatto, il pescecane ha mostrato i denti e dalle macchine in coda è partita la musica.

 

Non è una scienza esatta, somiglia di più a un gioco d’azzardo. Come la scommessa che un giovanotto, trovando bruttino il suo film di fantascienza appena finito, fece con l’amico Steven Spielberg al lavoro su “Incontri ravvicinati del terzo tipo”: “Il tuo film incasserà più del mio”. Lo scommettitore era George Lucas. Il film era “Star Wars” (e noi ancora ne paghiamo le conseguenze, fino all’ennesimo spin-off).

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