Scompartimento n. 6

La recensione del film di Juho Kuosmanen, con Seidi Haarla, Jurij Borisov, Dinara Drukarova

Mariarosa Mancuso

Tre film su quattro usciti questa settimana raccontano strane coppie. Il cowboy e il ragazzino da riportare al padre in “Cry Macho” di Clint Eastwood. La coltivatrice di fiori da concorso e lo scassinatore in “La signora delle rose”. Questa è la versione da cineclub. Una ragazza finlandese che viaggia da Mosca a Murmansk, oltre il circolo polare artico, per vedere i petroglifi (accento sulla “i”, sono incisioni rupestri) e il suo compagno di scompartimento (a cuccette). Antipatia a prima vista. Ljoba è russo e fa il minatore, va verso il nord in cerca di lavoro, non si separa mai dalla bottiglia di vodka. Laura è finlandese, a Mosca studiava archeologia, la fidanzata Irina alle feste organizzava gare di poesia: io ti dico un verso tu riconosci il poeta (la straniera sbaglia l’accento di Achmàtova, subito corretta con puntiglio: si capisce che c’è qualche crepa nell’idillio). Lasciato il salotto letterario caldo e ben illuminato c’è tanta neve e qualche telefono a moneta per chiamare Irina (risponde perlopiù la segreteria telefonica, siamo negli anni 90). Il nulla, fatta eccezione per qualche casupola “con una vecchia una stufa e un gatto” dice lui per attirarla durante una sosta del treno. “Niente balalaika?”, è l’acida risposta. Laura si lascia convincere, e la vecchia le racconta del suo animale-guida (fate conto: l’Armadillo nella serie di Zerocalcare “Strappare lungo i bordi”: altro che romanesco, son cose universali). Tempi russo-finlandesi, Gran Premio della giuria a Cannes.
 

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