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Libero De Rienzo non è mai diventato un noioso uomo di spettacolo

Giovanni Battistuzzi

L'attore è morto a 44 anni. "Quando incontro un bel personaggio sono contento. Ne esistono ancora, chi dice il contrario è un noioso uomo di spettacolo”

Libero. Come nome e atteggiamento, come memorandum. “È un bel nome, mi ricorda che devo esserne degno”. Lo diceva spesso, sorridendo, col suo modo un po’ svagato che non si capiva mai se dicesse sul serio, ti stesse prendendo in giro oppure stesse raccontando la mezza messa, quella che pensava il suo interlocutore si aspettasse da lui.

Libero De Rienzo è morto per un infarto, o almeno così sembra. L'hanno ritrovato senza vita ieri sera. Aveva 44 anni.

Quel sorriso l’aveva mostrato a tutti al cinema che ancora era il Novecento. 1999, Asini, una particina, ma si deve pur iniziare da qualche parte. Prima ancora tv, con l’instaurarsi del Duemila, dove il progetto meritava. S’era meritato questa possibilità.

“Un attore resterà sempre il primo grosso ruolo che interpreta. Il primo che colpisce l’immaginario di una parte di pubblico. Non se ne esce da tutto questo”. Marlon Brando diceva questo nel 1975 lamentandosi di essere ancora per gran parte degli americani Stanley Kowalski, il co-protagonista di Un tram chiamato desiderio. “Tutti di te hanno quell’immagine, soprattutto gli sceneggiatori e così ti ritrovi a riproporre quel ruolo. A volte lo diventi”.

Per Libero De Rienzo quello di Bart, anzi Bartolomeo Vanzetti. Il film è Santa Maradona di Marco Ponti, una pellicola che forse ricorderanno in pochi, ma che per una buona fetta di ragazzi che sono cresciuti a cavallo dell’intersezione dei due secoli a calcio, scorrettezza verbale, underground, precariato e musica più o meno elettronica o di sonorità leggermente tali (ci rientrano pure i Subsonica), ha saputo dire qualcosa. Non un film generazionale, non ne aveva per fortuna la pretesa, uno da vedere e basta e dal quale prendere qualche battuta, di quelle un po’ sceme ma d’effetto: “Chi quell’essere mitologico? Quello con il corpo di uomo e la testa di cazzo?”.

Una scena tratta da Santa Maradona 

Venne premiato come Miglior attore non protagonista ai David di Donatello per Santa Maradona. Era il 2002. Poi venne candidato anche per Fortapàsc e Smetto quando voglio. “Ma i premi fanno piacere ma fino a un certo punto. Quello che ci vuole sono i bei personaggi. Quando incontro un bel personaggio sono contento. Ne esistono ancora, chi dice il contrario è un noioso uomo di spettacolo”.

Libero De Rienzo non è mai diventato un noioso uomo di spettacolo, lo spettacolo lo eseguiva in camera, lo seguiva dalla camera, lo evitava quando era extraspettacolo, ne rideva quando era avanspettacolo, non lo agognava ma lo desiderava, infine faceva tutto il resto, quello che gli passava per la mente. Inseguiva idee e perdite di tempo, “a volte è meraviglioso perdere tempo, non sempre ci riesco”. Per esempio “c’è stato un periodo che mi ero preso l’affascinazione per la munnezz, l’andavo a cercare in città, fortuna che a Roma è facile trovarla”. Poi ha iniziato a fotografare cessi e a concederli su Instagram.

Poi tornava al cinema, a recitare con chiunque fosse in grado di non annoiarlo. “Qualcuno se ne trova sempre, anzi, sono pure aumentati. C’è meno gente che prova a fare l’intellettuale per partito preso”.

Jasmine Trinca e Libero De Rienzo in una foto di scena di 'Miele', film di esordio alla regia di Valeria Golino (via Ansa) 

S’era dato parecchio da fare ultimamente. Un film dietro l’altro, “son mica più solo”, aspettando l’occasione di ritornare dietro la macchina da presa. Il primo film era datato 2005: “Sangue – La morte non esiste”. Fu un magnifico semi-insuccesso. Apprezzatissimo da quella nicchia di pubblico che era cresciuta a cavallo dell’intersezione dei due secoli di cui sopra, e detestato da altri. Quel che era sicuro è che non era un film come gli altri, era la rappresentazione di un periodo visto dagli occhi di chi quel periodo l’aveva visto e battuto. Quel periodo che si è iniziato a chiudere a Genova nel 2001. Tra pochi giorni saranno vent’anni da quei giorni là. Libero De Rienzo ha salutato con qualche giorno d’anticipo.

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