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“Mi chiamo Francesco Totti” fa spellare le mani anche a Veltroni

odo romani far festa

Giuseppe Fantasia

La prima del documentario sul "Pupone" alla 15esima Festa del Cinema di Roma riscuote grande successo, anche tra i più insospettabili

Lo show deve continuare, ma in alcuni casi è più difficile di altri. Assistere alla prima del bel doc “Mi chiamo Francesco Totti” alla 15esima Festa del Cinema di Roma senza di lui – assente per ovvi motivi dopo il lutto – fa un certo effetto che superiamo ascoltandolo raccontarsi per due ore di fila tra vita pubblica e privata, pregi, difetti, semplicità e sincerità travolgenti, Ilary Blasi, gli amici di sempre, i mondiali, un Olimpico vuoto che è un buco nero, la Roma e Roma che non ha mai abbandonate. Per lui che non c’è, per il regista Alex Infascelli, per i produttori Lorenzo Mieli, Mario Gianani e Virginia Valsecchi, applausi scroscianti da tifosi doc come Walter Veltroni e Barbara Palombelli. Con la sua giacca a quadri bianca e nera con strisce giallorosse, lo omaggia senza saperlo anche John Waters che sottolinea quanto non faccia più ridere “quel trash di Trump”, “uno che ci sta facendo vivere in un B-movie dell’orrore da cui non riusciamo più a uscire”.

 

 

Il regista torna comunque a sorridere quando ci racconta che da giovane vedeva i film di Fellini, “sempre però dopo aver assunto Lsd”. Al red carpet di “Summer of 85” di François Ozon salutiamo un’allucinata quanto spaesata – ma probabilmente è solo spaventata per il Covid – Valeria Bruni Tedeschi che tra la mascherina e un’improbabile mantella sono in pochi a riconoscere. Troviamo sua figlia e il suo ex, Louis Garrell, al Nuovo Sacher dove Nanni Moretti fa il suo show sold out: la lettura a tratti esilaranti dei diari di “Caro Diario” e poi la proiezione del film restaurato. Come si sa, detesta Panarea e i medici mentre ama andare in giro con la Vespa in una Roma deserta, ora più che allora. Vorrebbe farlo anche il bell’attore francese, figlio del grande Philippe, ma poi preferisce andar via con una trottinette – pardon, monopattino – qualunque. Ah, les garçons…

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