Pure in questa emergenza il cinema ha qualcosa da insegnarci

Mariarosa Mancuso

Abbiamo sempre pensato che avesse qualche pregio in più rispetto alla vita. Non sottovalutiamo quanto ha da suggerirci in materia di fase 2 e successive

Non è da noi sottovalutare il cinema, abbiamo sempre pensato che avesse qualche pregio in più rispetto alla vita. Vale per chi si ostina a metterli uno contro l’altro, vi vorrei vedere in quarantena senza il conforto della fiction nelle sue varie forme (esclusa naturalmente quella che si appropria del termine per indicare certe produzioni televisive italiane in due puntate, su santi o sportivi).

 

Quando abbiamo letto che le serie ospedaliere made in Usa hanno fornito agli ospedali le mascherine, i guanti, e i camici che tenevano in magazzino come attrezzi di scena, abbiamo pensato che no, questo non l’avrebbe immaginato neanche il più visionario degli sceneggiatori. Se avessimo visto una scena così al cinema avremmo pensato a una forma di esibizionismo o di pubblicità, con la scritta “Grey’s Anatomy” sui “dispositivi di protezione individuale” che quassù al nord avremo l’obbligo di indossare se mai riusciremo a uscire di casa.

 

Non sottovalutiamo il cinema e i suoi insegnamenti neanche in materia di fase 2 e successive. “World War Z” è un film di Marc Forster tratto dal libro di Max Brooks – figlio di Mel Brooks, fanno coppia in un gustoso spot sugli anziani che devono stare a casa, pare ancora per un po’. Gli zombie conquistano il mondo tranne Israele. Il segreto: siccome il contagio si diffonde attraverso i morsi, per ordine del Mossad hanno levato i denti alla popolazione. Rimangono al sicuro finché i soliti pacifisti, ecologisti, sognatori di “un altro mondo possibile” scendono in piazza per festeggiare con i tamburelli. Forse pure cantando “Bella ciao”, che dopo “La casa di carta” è l’inno di tutti i ribelli del mondo. Grave errore: gli zombie sono attratti dai rumori e tornano all’attacco.

 

Steven Soderbergh sembrava saper già tutto quando nel 2011 girò “Contagion”. Rispetto alla sua sceneggiatura mancano ancora la scoperta del vaccino e la sperimentazione (oltre all’estrazione a sorte delle fasce di età a cui somministrarlo, all’inizio non basta per tutti). Per chiara fama, acquisita interrogando gli scienziati prima di dare inizio alle riprese del film, lo hanno messo a capo della commissione istituita dalla Directors Guild of America (la potente associazione dei registi) per guidare la ripartenza. Darà dritte ai professionisti, e anche alla città.

 

La California dovrebbe mettere fine al lockdown il 15 maggio. Più fosche sono le previsioni per il ritorno sui set, si parla addirittura dell’anno prossimo. Senza vaccino, ci saranno problemi assicurativi giganteschi – al punto da suggerire liberatorie “siete venuti a lavorare sapendo cosa rischiate”. Si dovranno prendere le temperature a tutti, ogni santo giorno. Guai a passarsi gli attrezzi, cacciavite o martello. Trucco e parrucco saranno mestieri ad altissimo rischio. Penseremo con nostalgia ai tempi in cui solo le scene di sesso richiedevano cautele e coreografie.

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