L’uomo che uccise Don Chisciotte

La donchisciottesca fissazione di Terry Gilliam e altri film da vedere questo autunno

Mariarosa Mancuso

Molti saccheggi di biografie e romanzi, le buone storie arrivano ancora dai libri: The Sister Brothers e Holmes and Watson. Per le signore che comandano, Mary Queen of Scots. Per le signore che scrivono Colette

Per Terry Gilliam, l’americano dei Monty Python, “Don Chisciotte” non è il primo best seller nella storia della letteratura (il romanzo di Cervantes ebbe tanto successo che ne fecero un seguito pirata). Non è neppure un film. E’ un’ossessione, anzi una fissazione e, come dice il saggio, “la fissazione è peggio della malattia”.

 

“Dopo tanto fare e tanto disfare…”, recita il cartello in apertura di “L’uomo che uccise Don Chisciotte”, film-impresa che dura più o meno dagli anni Ottanta. Le precedenti disgrazie di lavorazione erano nel documentario “Lost in La Mancha” di Keith Fulton e Louis Pepe: Jean Rochefort che non riusciva a star seduto sul cavallo, piogge torrenziali nella regione più arida della Spagna, per dirne un paio soltanto.

  

 

Il film finalmente terminato esce ora nelle sale, se proprio volete omaggiare tanta donchisciottesca ostinazione (dove donchisciottesco non vuol dire “uno che si batte per una nobile e artistica causa”, bensì “uno che insiste quando sarebbe il caso di piantarla lì e dedicarsi ad altro”). La trama, molto lasca: un regista (ricco e cinico) torna al villaggio dove aveva girato il suo artistico film di diploma, per scoprire che gli abitanti – per primo il ciabattino che era stato Don Chisciotte – sono quasi più matti di lui. Con tutto il rispetto per Terry Gilliam, non si riesce a frenare lo sbadiglio, mentre sullo schermo Adam Driver e Jonathan Pryce urlano e si agitano.

 

Lasciato “Don Chisciotte” al prossimo che vorrà misurarsi con il cavaliere e lo scudiero Sancho Panza (sappiate che porta male dai tempi di Orson Welles, ha la cattiva fama che “Macbeth” ha in teatro) l’autunno cinematografico saccheggia biografie e romanzi, le buone storie arrivano ancora dai libri. John C. Reilly ha messo a segno due ottimi colpi. Fa il cowboy in “The Sister Brothers” di Jacques Audiard, tratto da “I fratelli Sister” di Patrick Dewitt (Neri Pozza). E farà John Watson in “Holmes and Watson” del regista israeliano Etan Cohen (non è un refuso), accanto a Will Ferrell investigatore con la pipa.

  

    

Per le signore che scrivono – prima agli ordini del marito Willy poi in proprio – arriva “Colette” con Keira Knightley (regista Wash Westmoreland, all’attivo un po’ di porno e l’Alzheimer movie con Julianne Moore “Still Alice”). Per le signore che comandano, “Mary Queen of Scots”, cioè Maria Stuarda. Beau Willimon di “House of Cards” ha scritto la sceneggiatura, basata sulla biografia di John Guy: Saoirse Ronan è la regina di Scozia, Margot Robbie è la cugina e rivale Elisabetta I.

 

  

Per i fratelli neri, Barry Jenkins di “Moonlight” (premio Oscar, troppa grazia) adatta il romanzo “If Beale Street Could Talk” di James Baldwin, attivista per i diritti civili negli anni Sessanta. Per le governanti volanti con l’ombrellino, vedremo “Il ritorno di Mary Poppins”, diretto dal Rob Marshall di “Chicago”.