Robert Reford e Jane Fonda ricevono il leone d'oro alla carriera (foto LaPresse)

Tutti i riconoscimenti che non vedrete alla Mostra del cinema di Venezia

Anselma Dell'Olio

Altroché Leone d'oro. Dal Premio Banal Grande alla Coppa Pane e volpe, ecco i concorsi mancanti e chi dovrebbe vincerli

Premio Banal Grande a “Suburbicon” di Clooney, che manipola un copione degli anni 80 dei Cohen, già vecchio all’epoca (se non l’hanno mai girato i fratelli, una ragione ci sarà) per infarcirlo di tonnellate di razzismo grottesco per fare linguacce a Trump.

     
Targa Evviva il doppiaggio! A “The Leisure Seekers” di Paolo Virzì, uno dei rari film stranieri che sarà più tollerabile in italiano. Le intonazioni accademiche, artificiose, legnose, di due mostri sacri come Helen Mirren e Donald Sutherland dimostrano che anche gli attori più bravi devono essere diretti da qualcuno di competente nella loro lingua. Se n’è accorta tutta la critica anglofona che Virzì ha fatto cilecca; da noi solo la bipede.

    
Coppa Femminicidio, olé! ai molti film sadici con le ragazze: una figlia “stuprata mentre muore” in “Three Billboards Outside Ebbing, Missouri”; una donna delle pulizie muta brutalizzata dai padroni (“The Shape of Water”); una disgraziata emaciata e cardiopatica (Micaela Ramazzotti) costretta a fare figli a gogò da rivendere dal compagno-padrone (“La famiglia”); alla stessa donna viene strappata con le mani dal suo omaccio la spirale fatta inserire di nascosto.

    
Coppa Pane e volpe agli sceneggiatori del film, che mandano la fattrice dal medico pappa e ciccia con il compagno-padrone per farsi mettere il contraccettivo vietato.

     
Grolla Dito Medio alla punteggiatura del titolo di Aronosfsky, “Mother!”. Non pago delle torture inflitte a Jennifer Lawrence incinta durante una home invasion di massa, tra cui il nascituro strappato dal ventre e dilaniato di fronte a lei sanguinante, ci mette pure il punto esclamativo per rendere più fico un titolo poco invitante per i maschi.

   
Cesoie “Kill Your Darlings” a “Ammore e malavita”; gli adorabili Manetti Bros tradiscono la formula dei 90 minuti, allungando il brodo a due ore. Bisogna avere il coraggio di uccidere le scene beniamine, tagliando quelle che – per quanto belle – appesantiscono il racconto.

   
Targa “L’amore che uccide” ai mariti in vacanza che decidono di stare vicini alle mogli festivaliere, super-busy su tutti i fronti 25 ore al dì. Iniziano giornate da incubo con uno sbadiglioso “Che giornata hai?” E già li vorresti strangolare. Volendo divagarsi pigramente con un film chiedono, “Di che parla?” mentre la vostra routine militare calibrata al millimetro va a scatafascio, con petulanti inopportune richieste di attenzione, favori, e magari cene con amici (loro) a Venezia, tanto per ridurre il vostro sonno già sotto il livello di guardia in partenza.

    
Premio “Esprit de l’éscalier” alla bassottina, che non ha chiesto al direttore “no quote per le registe!” (condivisibile) quante donne ci sono tra i selezionatori dei film del concorso principale, e che potere hanno?

  
Arrivederci al 26 ottobre per la Festa di Roma.

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