Un frame di “Seven Sisters” di Tommy Wirkola

Corse al cinema, a smaltire i film non si fa in tempo

Mariarosa Mancuso

Ragazze toste e donne appiccicose, a volte si finisce per parteggiare con i maschi 

“Voi siete in tanti a scrivere, io sono solo a leggere”. Il grido addolorato di Massimo Troisi vale per lo spettatore che, pur munito di buona volontà, non riesce a stare dietro alle nuove uscite. Neppure a distinguere un film dall’altro, visto che una fatale coincidenza ha fatto andare in sala “The Square” di Ruben Ostlund in contemporanea con “The Place” di Paolo Genovese (da vedere è “The Square”, assieme all’imperdibile “Detroit” di Kathryn Bigelow). Non facciamo in tempo a smaltire le uscite della scorsa settimana che arrivano le nuove. Più di dieci, anche a non contare i documentari e la riedizione di “La febbre del sabato sera” con John Travolta (nelle sale da lunedì). Qualcuno prima o poi dovrà spiegare – domanda retorica, conosciamo benissimo la risposta, sono i distributori che ancora non hanno chiara la questione – perché mentre il pubblico diminuisce l’offerta aumenta, contro ogni logica commerciale. In un mercato in crisi, dovrebbero arrivare prodotti mirati e selezionati.

 

Oltre a “Riccardo va all’inferno” – musical scespiriano molto ben riuscito di Roberta Torre, vedi articolo in questa pagina – il cinema italiano schiera “Smetto quando voglio - Ad Honorem”. Sydney Sibilia insiste sui cervelloni disoccupati che si danno al crimine (la versione italica di “Breaking Bad”, e che la divinità preposta alle serie tv ci perdoni). Squadra che vince non si cambia, d’accordo, ma trentacinque minuti su novantasei per rimettere insieme la banda sono esagerati. Il divertimento, moderato, comincia con l’evasione da Rebibbia, via banda larga.

 

Per signore – unica tipologia di spettatore che riesca a sopportare l’esibizione di appiccicosità femminile spacciata per profondità di sentimenti – “Amori che non sanno stare al mondo” di Francesca Comencini punta tutto su Lucia Mascino. Bravissima sempre, aspettiamo di vederla in un ruolo meno antipatico (si finisce per parteggiare con i maschi, dopo un simile stalking).

 

Una ragazza tosta sta in “Sami Blood” di Amanda Kernell, svedese con ascendenze “sami”, altro modo per dire “lapponi”. Ogni popolo hai suoi terroni da disprezzare, lassù al nord se la prendono con i lapponi: “Rubano, mentono, si lamentano, fanno rumore”. Siamo negli anni Trenta, a scuola le ragazzine che non parlano svedese sono fotografate nude per le ricerche sulla razza. Una decide di fuggire, cambia lingua, dimentica le renne (la vediamo anziana al funerale della sorella, rimasta tra gli odiati lapponi).

 

Sette gemelle toste stanno in “Seven Sisters” di Tommy Wirkola. Noomi Rapace le interpreta tutte e sette, in un futuro dispotico dove vige la legge del figlio unico: per non dare nell’occhio ognuna ha un giorno della settimana per uscire di casa. Sono altrettanti film di nicchia, che forse guadagnerebbero più spettatori e più soldi con una distribuzione (osiamo la parolaccia) in streaming.

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