Una scena del film Detroit

Grande cinema americano a Roma e grande cucina iraniana in uno dei party più belli

Mariarosa Mancuso e Anselma Dell'Olio

A vedere “Detroit” di Kathryn Bigelow e “Last Flag Flying” di Richard Linklater abbiamo imparato a ripiegare la bandiera a stelle e strisce come fanno i marine quando seppelliscono un commilitone

Grande cinema. E grande il paese che gli sta dietro (le due cose non possono essere tanto slegate). Abbiamo appena visto “Detroit” di Kathryn Bigelow: le rivolte nere di Detroit, anno 1967, duramente represse dalla polizia. Un’immersione totale nella violenza – fisica e mentale, astenersi cuori sensibili – di strada e di stato. Passa un giorno e arriva alla Festa di Roma “Last Flag Flying” di Richard Linklater, il regista di “Boyhood” e di “Tutti vogliono qualcosa”. Risultato: abbiamo imparato a ripiegare la bandiera a stelle e strisce come fanno i marine quando seppelliscono un commilitone.

 

E dire che era cominciato con Steve Carell (presto, un Oscar) in visita al barista scalcagnato Bryan Cranston (da “Breaking Bad”: presto, un altro Oscar). Insieme vanno a trovare il reverendo Laurence Fishburne (merita un Oscar pure lui, per come predica e per la fatica di cancellare un passato da sciupafemmine). Erano insieme in Vietnam, l’occasione della rimpatriata è tragica: il figlio di Steve Carell è morto in Iraq, stanno per seppellirlo ad Arlington.

 

Qualche scena ricorda “L’ultima corvée”, il film girato da Hal Ashby nel 1973, con Jack Nicholson e Randy Quaid: un giovane marinaio deve essere accompagnato in carcere dove sconterà otto anni – un piccolo furto, ma erano soldi destinati alla beneficenza. I due che gli fanno da scorta decidono di prolungare la missione per fargli godere un po’ la vita. Il figlio del veterano Steve Carrell ha una laurea, ma il pezzo di carta non impedisce a nessuno di mettersi nei guai, e in Iraq ogni mossa è un guaio.

 

Durante il viaggio con la salma – sempre un classico, mai che vada liscio, il tragico e il grottesco sono sempre legati a doppio filo – scopriamo che i tre sono legati da una storiaccia. Viene raccontata per frammenti, fuggendo le spiegazioni. Ma il vero miracolo di Linklater sta nel riuscire a girare un film patriottico mettendoci la frase: “Gli americani sono gli unici aggressori che pretendono di essere amati”.

Mariarosa Mancuso

 


 

Il più straordinario party della Festa, tutto calme, luxe et volupté, era quello a casa Zanganeh, a San Lorenzo in Lucina in onore di Antonio e Jacquie Monda. I padroni di casa Nilou e Lila, madre e figlia, esprimono nel ricevere il meglio della cultura persiana. Il libro di Lila, “Un incantevole sogno di felicità” (L’Ancora del Mediterraneo, 2011) è un appassionato viaggio tra le opere di Vladimir Nabokov; un sortilegio letterario da leggere e rileggere when you’re feeling blue. Jacquie, in verde splendente, reduce da troppe cene ufficiali, aveva giurato di non mangiare; ma arrivate le magnifiche pietanze della cucina iraniana, tra cui un favoloso riso basmati alla ciliegia, non ha resistito. Tra gli ospiti, Giovanna Melandri, Fabrizio Ferri e Geraldina Polverelli, Quirino Conti, Gabriella D’Annunzio (Vogue); la capa della comunicazione per l’Accademia di Santa Cecilia, Anouk Aspisi, ci ha presentato sua moglie, Lara Pace, fisioterapista. Giorgio Ferrara e Benoit Jacquot arrivavano dalla proiezione ufficiale del loro documentario “Il mondo in scena”, molto applaudito. Nella sala pienissima del MAXXI c’erano, tra tanti altri, un bellissimo contingente di carabinieri spoletini in divisa, il sindaco di Spoleto Fabrizio Cardarelli, Lillio e Maria Pia Ruspoli, Margherita Boniver, Claudio e Anna Strinati, Paola Sturchio, Alessandra Levantesi Kezich e Maria Teresa Venturini Fendi, che continua la tradizione filantropica della compianta zia Carla Fendi, colonna della cultura italiana. Domani resoconto dell’avvincente incontro con il critico cinematografico del New York Times A.O. Scott (“Elogio della critica”, Il Saggiatore) e Annette Insdorf, docente di cinema alla Columbia University. Ha scritto libri sul cinema di Krysztof Kieslowski, Francois Truffaut, Phillip Kaufman e uno su cinema e Olocausto. Sempre domani, l’elenco dei film della Festa più amati finora.

 

Finché c’è Prosecco c’è speranza” (Panorama Italia, Alice nella città) è un film italiano da vedere. Gloria Satta, autorevole voce del Messaggero, ne parlava all’Auditorium con entusiasmo, e Gloria raramente si sbaglia. Giuseppe Battiston e Teclo Celio sono i versatili, simpatici protagonisti. Tratto dal giallo di Fulvio Ervas, esce a Halloween. Tanto per dire come sono spesso trattati i pochi film nostri da consigliare, i produttori non hanno avuto un soldo dalle istituzioni, e nemmeno dai produttori del Prosecco.

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