Volevo fare tutta una puntata contro un poeta che si è permesso di scrivermi per lodare un Sauvignon. Che già essere un poeta è una colpa mica da poco. Ma se per giunta mi vieni a elogiare un alloctono puzzolente io ti cancello da tutto: “Interdetto / maledetto / fuggi via dal mio cospetto”, per citare un poeta che invece di vino qualcosa ne capiva, Francesco Redi. Il Redi era toscano e da nemico del bere binario mi dovrebbe stare antipatico, siccome in Italia un dualismo potatorio consiste nella formula Toscana versus Piemonte, contrapposizione stantia e al contempo vivissima nelle menti dei bevitori sempliciotti. Eppure no, riconosco il Redi come maestro per via dell’immortale definizione della birra: “Squallida cervogia”. La uso spesso, come qualche amico lettore ricorderà, e ogni volta scateno gli insulti e i rutti dei birromani (non so come sia possibile ma esiste gente che si vanta di bere birra e che addirittura fonda la propria identità sul consumo di siffatta, ignobile bevanda). Riconosco il toscano Redi come maestro e la stucchevolezza della toscanità enologica non così compatta, ogni tanto bisogna ricordare che le responsabilità sono individuali, che non esiste una maxicantina regionale ma tante cantine particolari.
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