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All'estero si beve sempre più vino italiano

Luciana Rota

La tutela e la qualità dei nostri vini stia crescendo. Le esportazioni sono ancora guidate dal Prosecco (16 per cento). E i produttori stanno scoprendo le opportunità del mercato digitale

A Milano e in collegamento con 11 città mondiali in questi giorni della Milano Wine Week (digital e in presenza) c’è una grande Italia del vino da stappare più che mai. Un’Italia del vino a denominazione. Del vino che rappresenta la biodiversità del Belpaese. Del vino Made in Italy che è una forza trainante anche della nostra economia mondiale (5,01 miliardi di vino confezionato esportato nel 2020, fonte Corriere Vinicolo), oltre a essere un biglietto da visita con sbocchi infiniti sul turismo e sull enoturismo, sul turismo esperenziale e anche di prossimità.

Un mondo che vale e che sta raccontando Milano Wine week, alla sua quarta edizione, fino a domenica 10, con 450 eventi per il pubblico e il business, con 1.500 produttori coinvolti e in collegamento sulla piattaforma digitale con 11 città mondiali.

 

Un mondo che non ha paura di confronti. Anzi, finge di essere unito per difendere la sua tipicità. La lingua del vino, insomma, non è solo italiana ma l’italiano lo parla molto bene e si fa capire all’estero con una tendenza sempre più in crescita che mette ottimismo in tutta la filiera del vino.

Lo si è capito bene nei convegni di approfondimento di Milano Wine Week che si prefigge l’ambito traguardo di rassegna più importante del mondo del vino con i suoi forum, con le degustazioni diffuse, con i suoi District delle denominazioni italiane (10 Consorzi presenti), per fare capire come la tutela e la qualità del vino italiano stia crescendo e sia una energia positiva anche economica, in uno scenario mondiale particolarmente difficile ma anche esaltante, in cui i piccoli grandi storyteller delle aziende vitivinicole Made in Italy hanno una carta in più da giocare.

 

A volare in questi anni difficili di pandemia sono state le bollicine italiane ma tutti i generi ne stanno beneficiando. A vincere su tutti soprattutto il Prosecco. Sono oltre 620 milioni le bottiglie prodotte dalle tre Doc del Prosecco (il nuovo nato Rose’ 59 milioni di bottiglie nei primi nove mesi del 2021); di queste, 370 milioni sono esportate. Complessivamente il mercato dello sparkling tricolore più famoso nel mondo vale 2 miliardi di euro di fatturato annuo di cui un miliardo all’estero (2020), l’equivalente del 16 per cento circa sul totale export italiano.

“C’è stata una crescita esponenziale (più 40 per cento) soprattutto sul canale digital (e commerce ) - spiega Pierluigi Bolla, presidente del colosso Valdo -. E posso dirvi che la nostra azienda ha deciso di creare una divisione ad hoc con un investimento importante, innovativo e digitale, che ci porterà a puntare su questo come nostro canale per tutti i Paesi europei”.

Il tradizionalista mondo del vino sembra dunque che stia cambiando “pelle” più moderno più innovativo cerca vini trendy e da raccontare, soprattutto all’estero, e molte aziende bandiera italiane lo hanno capito bene.

 

Il convegno Shaping Wine, organizzato da Milano Wine Week con Sda Bocconi, che ha un osservatorio sul vino, ha raccontato le tendenze di mercato e puntato un faro su quello americano che sembra dettare legge quanto a tendenze e innovazione “anche se è un mercato difficile - spiega Bolla - più conservatore di quanto non si immagini. Tuttavia, abbiamo registrato alcune novità come un avvicinamento del mondo dei giovani e una particolare attenzione al mixology (il mondo dei cocktail)”.

C’erano gli anni 70 del Cinzano, gli 80 dell’aperitivo con il gin tonic, i 90 con il vino bianco e il 2000 con il Prosecco. A New York come a Milano le cose stanno già cambiando: “A settembre abbiamo proposto il nostro mixology Bonarda e Campari all’Eataly di New York e in questi giorni a Milano nei numerosi locali di tendenza del District Oltrepò Pavese di Eustachi Plinio, dove proprio i giovani hanno risposto con ottimi indici di gradimento - spiega Gilda Fugazza presidente del Consorzio Oltrepò che rappresenta il 65 percento della produzione del vino in Lombardia - ma la cosa più bella è che oltre al cocktail ci chiedono di raccontare la storia delle nostre bollicine metodo classico Docg e quando assaggiano il nostro Riesling o un calice di Pinot nero in rosso rimangono colpiti e cercano il racconto della terra e della vigna oltre che della cantina che sta dietro all’etichetta. Questa è la cultura del vino che si sta diffondendo e di sicuro piace a New York come a Milano”.

L’Oltrepò produce 75 milioni di bottiglie, di spumante sono 450.000 Docg per una percentuale di export totale del 15 per cento: “Per questo ci apriamo ai mercati internazionali come quello degli Stati Uniti perché sappiamo che possiamo contare su una nuova frontiera economica del mondo del vino, dobbiamo crescere”, conclude Fugazza.

 

Il mercato americano è il mercato del vino più ricco e ambito del mondo, - ha detto Roberta De Sanctis - moderatrice del Shaping wine di sda Bocconi - che da decenni propaga i suoi effetti sugli altri mercati e sulle strategie e gli assortimenti dei produttori. Possiede anche un particolare sistema di vendita su 3 livelli, che inevitabilmente condiziona l’offerta, il marketing e la percezione del vino sul mercato americano. Possibili cambiamenti di questo discusso sistema potrebbero modificare il sistema vino nel mercato leader internazionale”. Il vino italiano c’è e si gioca la partita.

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