(foto LaPresse)

Il testamento del cardinale Pell è un j'accuse contro il Sinodo

Poche ore prima di morire, il porporato australiano consegnava allo Spectator un articolo in cui demoliva il documento che riassumeva la prima fase sinodale: "Un incubo tossico"

Matteo Matzuzzi

“Cosa pensare di questo pot-pourri, di questa effusione di buona volontà New Age? Non è un riassunto della fede cattolica o dell’insegnamento del Nuovo Testamento. E’ incompleto, ostile in modo significativo alla tradizione apostolica e non riconosce da nessuna parte il Nuovo Testamento come Parola di Dio"

Poche ore prima di morire, il cardinale George Pell aveva consegnato allo Spectator un duro j’accuse contro il Sinodo sulla sinodalità in corso in tutto il mondo e che porterà i vescovi (e il Papa) a prendere le decisioni del caso dopo la sessione “romana” dell’autunno 2024. Pell, che ha lasciato sempre ad altri il linguaggio diplomaticamente corretto, scrive che se le premesse di questo percorso erano di costruire con tutte le buone intenzioni del caso il “sogno di Dio”, la realtà è che siamo davanti a “un incubo tossico”. Pell sfoglia le 45 pagine che sintetizzano le discussioni della prima fase sinodale, fase di “ascolto e discernimento” e le definisce “uno dei documenti più incoerenti mai pubblicati a Roma”.

“Senza alcun senso dell’ironia, il documento è intitolato ‘Allarga lo spazio della tua tenda’ e l’obiettivo è di accogliere non i nuovi battezzati – la chiamata di quanti hanno risposto alla chiamata a pentirsi e a credere – bensì chiunque possa essere abbastanza interessato ad ascoltare. I partecipanti sono invitati a essere accoglienti e radicalmente inclusivi: ‘Nessuno è escluso’”. Il documento, scriveva il cardinale australiano “non esorta neppure i partecipanti cattolici a fare discepoli tutti i popoli”.

La cosa fondamentale, il primo compito per tutti “è ascoltare nello Spirito. Secondo questo recente aggiornamento della buona novella, la ‘sinodalità’ come modo di essere per la Chiesa non è da definire, ma solo da vivere”. Una sinodalità che “ruota attorno a cinque tensioni creative, partendo dall’inclusione radicale e andando verso la missione in uno stile partecipativo, praticando la ‘corresponsabilità con altri credenti e persone di buona volontà’. Si riconoscono le difficoltà, come la guerra, i genocidi e la distanza fra clero e laici, ma tutto può essere sostenuto – dicono i vescovi – da una vivace spiritualità.

 

L’immagine della Chiesa come tenda che si allarga con il Signore al centro viene da Isaia, e il punto è sottolineare che questa tenda che si allarga è un luogo dove le persone sono ascoltate e non giudicate, non escluse. Così – scrive ancora Pell – leggiamo che il popolo di Dio ha bisogno di nuove strategie; non litigi e scontri ma dialogo, dove si rifiuta la distinzione tra credenti e non credenti. Il popolo di Dio deve realmente ascoltare il grido dei poveri e della terra. A causa delle divergenze di opinione sull’aborto, la contraccezione, l’ordinazione sacerdotale delle donne e l’attività omosessuale, alcuni hanno ritenuto che non si possano stabilire o proporre posizioni definitive su questi temi. Questo vale anche per la poligamia, il divorzio e il nuovo matrimonio”. 

 

Insomma, si chiedeva il porporato australiano, “cosa pensare di questo pot-pourri, di questa effusione di buona volontà New Age? Non è un riassunto della fede cattolica o dell’insegnamento del Nuovo Testamento. E’ incompleto, ostile in modo significativo alla tradizione apostolica e non riconosce da nessuna parte il Nuovo Testamento come Parola di Dio, normativa per ogni insegnamento sulla fede e la morale. L’Antico Testamento viene ignorato, il patriarcato rifiutato e la Legge mosaica, compresi i Dieci Comandamenti, non viene riconosciuta”. Qui, si legge ancora nell’articolo preparato per lo Spectator, si deve  decidere se si può accettare che “gli insegnamenti di base su cose come il sacerdozio e la moralità possano essere parcheggiati in un limbo pluralista in cui alcuni scelgono di ridefinire i peccati verso il basso”.

 

Il documento, poi, “ritiene che i modelli piramidali di autorità debbano essere distrutti e che l’unica vera autorità venga dall’amore e dal servizio. Va sottolineata la dignità battesimale, non l’ordinazione ministeriale e gli stili di governo dovrebbero essere meno gerarchici e più circolari e partecipativi”. Insomma, a giudizio di Pell tutto ciò è un incubo. Prevedibili le accuse di aver firmato un commento che va contro le intenzioni del Papa. Conscio di ciò, il cardinale scriveva che “i documenti di lavoro non fanno parte del magistero. Sono una base per la discussione”. Infine, un auspicio: “Questo documento di lavoro necessita di cambiamenti radicali. I vescovi devono rendersene conto”.
 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.