(Ansa)

Tra stato e Chiesa

Michele di Bari

I Patti lateranensi non sono affatto superati e lo dimostra la lotta alla pandemia
 

La stipula dei Patti lateranensi del 1929, di cui lo scorso 11 febbraio ricorreva l’anniversario, ha rappresentato il momento culminante della conciliazione tra lo stato italiano e la Santa Sede, ponendo fine alla “questione romana”, nata con la presa di Roma da parte della monarchia sabauda, e innovando i rapporti tra stato e Chiesa, di cui la Costituzione repubblicana successivamente ha riconosciuto entrambi “indipendenti e sovrani”, ciascuno nel proprio ordine. Già Dante nel De monarchia aveva identificato nei “due soli” da una parte il potere temporale statuale, allora incarnato dall’imperatore, e dall’altra la potestà ecclesiastica del Papa: entrambi i poteri sono sovrani, pur esplicandosi in ambiti differenti: “in temporalibus et in spiritualibus”.

 

La storia d’Italia quindi ha visto contrapposizioni e contese tra fazioni, dai guelfi e ghibellini fino al Risorgimento, tra coloro che volevano Roma capitale e quanti non accettavano la fine del potere temporale del Papa. Questa antica divisione si riscontra plasticamente nella Legge delle guarentigie, di cui quest’anno ricorrono i centocinquant’anni, prototipo di un rigido modello separatista ed esempio di legislazione unilaterale dello stato anche nei rapporti con la Chiesa. Solo dalla lettura della storia si comprende la novità dei Patti lateranensi che non furono affatto una scelta scontata: anzi, il principio separatista “libera Chiesa in libero stato” di matrice cavouriana avrebbe suggerito esiti del tutto diversi. 

 

Dal 1929 invece tra le due sponde del Tevere si inaugura un nuovo modello di rapporti, improntato alla reciproca legittimazione delle parti e alla ricerca comune di un sistema di regole condivise .  Un salto di qualità senza precedenti: dalla più assoluta incomunicabilità al dialogo nella consapevolezza che entrambi gli attori di quei Patti svolgevano, e continuano a svolgere, un insostituibile ruolo nella società e nell’impegno per il bene comune. Non a caso proprio questo aspetto è stato ripreso dai rinnovati accordi tra lo stato e la Chiesa del 1984 che hanno sostituito il primo concordato del 1929. All’art. 1 del nuovo concordato, dopo aver ribadito il principio costituzionale per cui lo stato e la Chiesa sono “ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”, le parti assumono l’impegno “al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione”, rafforzando le fondamenta di quella sana cooperatio che ha come fine ultimo “la promozione dell’uomo e il bene del paese”.

 

La declinazione di questa collaborazione è stata riscontrata in modo tangibile anche in tempi recenti nell’impegno per contenere le conseguenze dell’epidemia da Covid-19. Infatti, la Chiesa e le altre confessioni religiose rispettivamente con le Caritas e gli enti di solidarietà hanno moltiplicato gli sforzi nei confronti di coloro che si sono trovati in difficoltà anche economica a seguito della situazione pandemica. Si tratta di un’applicazione concreta del principio di sussidiarietà previsto dalla Costituzione per cui i corpi sociali intermedi coadiuvano e talvolta suppliscono all’azione delle istituzioni pubbliche.

  

Per altro verso, si è concretizzata con un metodo sostanzialmente pattizio la definizione dei protocolli che il ministero dell’Interno ha sottoscritto con la Conferenza episcopale italiana e con i rappresentanti delle altre confessioni religiose allo scopo di assicurare l’esercizio del diritto della libertà religiosa e il rispetto delle norme precauzionali poste a tutela della sanità pubblica. La celebrazione pubblica del culto è un aspetto ineludibile della libertà religiosa, che – attraverso i protocolli – è stata garantita anche nella situazione di emergenza sanitaria.  Una scelta dunque di proseguire nel dialogo con le comunità di fede per individuare soluzioni nuove alle situazioni sempre più complesse della società. La strada aperta quell’11 febbraio di novantadue anni fa si mostra ancora valida per perseguire insieme, stato e Chiesa , gli obiettivi indicati chiaramente nel concordato: la promozione della persona e il bene del paese.

 

Di più su questi argomenti: