Theodore McCarrick (foto Imagoeconomica)

Lo scalpo cardinale McCarrick

Matteo Matzuzzi

E’ vicina la riduzione allo stato laicale dell'ex arcivescovo di Washington. Un messaggio chiaro in vista del summit sugli abusi

Roma. E’ imminente la riduzione allo stato laicale del fu cardinale Theodore McCarrick, l’ex potente arcivescovo di Washington al quale il Papa aveva tolto la porpora la scorsa estate confinandolo in un luogo appartato e vietandogli di celebrare in pubblico. Da stabilire il giorno dell’annuncio, ma la decisione è presa. Lo scorso ottobre il Vaticano, anche in risposta alle bordate dell’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, mons. Carlo Maria Viganò – che accusava Francesco di aver sempre saputo della condotta “vivace” di McCarrick, comprese le notti romantiche con i seminaristi in villini fronte oceano – faceva sapere che sul conto del presule stava indagando. E pazienza se dall’esame degli archivi e delle testimonianze fosse emerso qualche scheletro ben nascosto nell’armadio: “La Santa Sede è consapevole che dall’esame dei fatti e delle circostanze potrebbero emergere delle scelte che non sarebbero coerenti con l’approccio odierno a tali questioni. Tuttavia, come ha detto Papa Francesco, seguiremo la strada della verità, ovunque possa portarci. Sia gli abusi sia la loro copertura non possono essere più tollerati e un diverso trattamento per i vescovi che li hanno commessi o li hanno coperti rappresenta infatti una forma di clericalismo mai più accettabile”.

 

Un doppio messaggio

A meno di dieci giorni dal vertice vaticano convocato dal Pontefice per stabilire linee d’azione comuni per contrastare la piaga degli abusi sessuali da parte di ecclesiastici, il vegliardo McCarrick rappresenta lo scalpo perfetto da mostrare intra ed extra moenia. Al mondo si fa sapere che comportamenti come quelli del già abbondantemente riverito arcivescovo non saranno più tollerati, alla chiesa si dà una sorta di allerta: questo capiterà a chi infilerà la sporcizia sotto il tappeto. Pensare però che la riduzione allo stato laicale del quasi novantenne emerito di Washington risolva la questione sarebbe sbagliato.

 

Argomenti da discutere, nel mini Sinodo di tre giorni (dal 21 al 24 febbraio prossimi), ce ne sono parecchi, e sono tutti delicati, tant’è che per gestire l’Aula il Papa ha richiamato dalla pensione padre Federico Lombardi, garanzia assoluta di sobrietà, serietà e umiltà: di sicuro non darà spazio (almeno all’interno della sala) alla spettacolarizzazione di un evento che comunque già ha su di sé aspettative altissime, quasi fosse una gigantesca opera di lustracija pubblica della chiesa decisa a chiedere perdono per i propri peccati. Il giorno stesso dell’apertura dell’assemblea, poi, uscirà in contemporanea in venti paesi Sodoma, libro di Frédéric Martel che si annuncia come “un’inchiesta sconvolgente sulla comunità gay più numerosa e potente al mondo: il Vaticano”. Roba forte, visto che trattasi – si legge nei bollettini di lancio – di un volume che “aiuta a capire la guerra contro Papa Francesco”. Che non sarebbe più prerogativa esclusiva dei conservatori dediti alla messa in latino ma anche degli omosessuali che odierebbero Bergoglio. Che però era stato premiato come “uomo dell’anno” nel 2013 dalla rivista lgbt The Advocate proprio per la sua vicinanza a quella comunità – d’altonde il “Chi sono io per giudicare un gay?” aveva fatto il giro del mondo, che s’era però dimenticato di citare il resto della frase pronunciata da Francesco, che confermava quanto scritto nel catechismo della chiesa cattolica. Assicurate al raduno dei presidenti delle conferenze episcopali nazionali, come da prassi, anche le derive pettegole e pruriginose, con nomi di “potenti nemici del Papa” che sarebbero membri attivi di questa lobby.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.