Il concistoro per approvare la canonizzazione del beato Nunzio Sulprizio. Foto LaPresse

L'attesa apocalittica per un concistoro ordinario convocato in pieno luglio

Matteo Matzuzzi

Niente annunci solenni oggi in Vaticano. I cardinali possono partire per le ferie

Roma. I retroscenisti di mezzo mondo, esperti di affari ecclesiastici in primis – tra cui quelli che tre anni fa annunciavano che il Papa era malato di tumore cerebrale diagnosticato da un luminare giapponese – attendevano le ore 10 antimeridiane del 19 luglio come gli antichi facevano con l’eclissi lunari: chi sperando in benedizioni celesti, chi temendo maledizioni fatali. Troppo strano quel concistoro ordinario convocato nel mezzo della calda estate romana, e per di più solo per approvare la canonizzazione del beato Nunzio Sulprizio, morto nell’Ottocento a diciannove anni. Perché non si è votato a fine giugno, quando un concistoro ben più partecipato si era tenuto in occasione della creazione dei nuovi cardinali?

   

Si attendeva la mattinata con il dubbio delle grandi occasioni: che dirà il Papa? Perché far andare nel Palazzo apostolico i porporati – tra cui parecchi agée – vestiti con l’abito corale, mozzetta e rocchetto, nonostante i trenta e più gradi centigradi? La ridda delle supposizioni era la più variegata: convoca un Concilio, magari il Vaticano III. Annuncia la vera riforma della curia, non quella spiegata nell’opuscolo formato-tesina di maturità presentato qualche mese fa dal celeberrimo C9 cardinalizio. Toglie la porpora a qualche cardinale insolente, che con l’evangelico Sì Sì No no, la pubblicazione di dubia e le suppliche si è spinto un po’ oltre, mancando di rispetto al vicario di Cristo in Terra. Si dimette, torna a Buenos Aires nel pieno dell’estate, azzardava qualche altro. Se ne sono sentite di tutti i colori. Pochi credevano – con tutto il rispetto per il beato prossimo santo – che i cardinali fossero stati richiamati dalle ferie (anche se la notificazione valeva in particolare per i “residenti a Roma” o per quelli che nell’Urbe si trovavano) per dare il nulla osta alla canonizzazione di Nunzio Sulprizio. C’era anche chi metteva in fila, l’uno dopo l’altro, gli indizi: prima ha fatto un concistoro per allargare il collegio dei votanti, quindi ha promosso cardinali elettori all’ordine dei vescovi (tra cui figura il “direttore” del Conclave). Nessun dubbio: il 19 luglio del 2018 era identico all’11 febbraio del 2013, quando Benedetto XVI al termine del via libera alla canonizzazione dei martiri d’Otranto, lesse in latino la declaratio con cui rinunciava al ministero petrino. Qualcuno – ma solo quelli che non avevano letto il meraviglioso L’ora di tutti di Maria Corti – sottolineava che un concistoro per il solo Nunzio Sulprizio poteva essere paragonato a quello per i trentatré martiri d’Otranto.

   

Da qui l’attesa quasi leopardiana per il giorno fatale. Invece, nulla. Nessuna sorpresa. Alle ore 10 in punto, i cardinali – qualche sedia vuota c’era – vestiti in abito corale, qualche bastone qua e là, un paio di affaticate teste reclinate, attendevano seduti nelle loro poltrone Francesco. Che ha risolto la pratica in una manciata di minuti, annunciando che il beato Sulprizio sarà fatto santo il prossimo 14 ottobre insieme a Paolo VI, Oscar Romero e don Vincenzo Romano. Tutto qui. Niente Vaticano III, niente dimissioni, nessuna decimazione del Collegio cardinalizio, niente annunci di rilevanza assoluta per la vita della chiesa. I cardinali in procinto di partire per il buen retiro estivo tra le malghe alpine possono tirare un sospiro di sollievo: nessun conclave agostano in vista. L’attesa mediatica per un evento – appunto – ordinario aveva letto nella strana convocazione di metà luglio il segnale che qualcosa di grosso stesse per accadere. Dopotutto, Francesco alle sorprese ha abituato un po’ tutti. Anche se poco corrispondente al suo stile popolare sarebbe stato annunciare qualcosa di eclatante nel chiuso di una decorata sala del Palazzo apostolico vaticano alla presenza di qualche decina di riverenti principi della chiesa.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.