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Idee per risvegliare i cattolici che si sono condannati all'irrilevanza

Matteo Matzuzzi

La Cei chiede impegno in politica. Parla Sergio Belardinelli

Roma. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, Gualtiero Bassetti, nel corso della veglia di preghiera per l’Italia organizzata giovedì dalla Comunità di Sant’Egidio, ha esortato i cattolici a farsi avanti perché non si può “disertare quel servizio al bene comune che è fare politica in democrazia”. Bassetti parlava dopo la formazione del governo gialloverde, e tra un monito a evitare slanci xenofobi e un invito a rispettare le istituzioni più alte, ha insistito sulla necessità che i cattolici tornino a fare sentire la propria voce.

 

Ma “non credo sia un ritorno ai tempi passati né un invito a occupare spazi sguarniti”, dice al Foglio il professor Sergio Belardinelli, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bologna. “Per adesso è soltanto un’esortazione a non dimenticare il dovere che anche i cattolici hanno di occuparsi del bene del loro paese. Il punto è come. Come intendiamo il rapporto tra cattolici e politica? In una società plurale, liberale e democratica, quale è quella in cui viviamo, i cattolici, al pari dei non cattolici, possono avere idee politiche molto diverse, votare partiti politici diversi, senza che questo li renda più o meno cattolici di altri. Siamo d’accordo su questo? Se sì, allora dobbiamo convenire che non esiste una politica ‘cattolica’, né che i cattolici debbono necessariamente votare questo o quel partito. Nessun ritorno al passato, dunque. Esiste invece una buona politica, che ovviamente può essere ispirata anche da idee cattoliche, ma il cui banco di prova è dato principalmente dagli obiettivi concreti che persegue e dalla competenza e dal realismo con cui questi obiettivi vengono perseguiti. Ovviamente – aggiunge Belardinelli – non so se il cardinale Bassetti sia d’accordo o meno con quanto sto dicendo. Di certo, secondo me, è a questo livello di consapevolezza che oggi bisogna ricostruire, per tutti i cittadini, non soltanto per i cattolici, il senso di una partecipazione politica che voglia essere non ideologica, rispettosa della realtà, della dignità e della libertà di ciascuno di noi”. Il presidente della Cei sostiene che “abbiamo avuto paura anche della politica, come qualcosa che ci sporcava, dimenticando com’essa è un grande servizio alla comunità nazionale”.

 

E’ un implicito mea culpa? “Non saprei”, dice Belardinelli, “di certo rappresenta un forte incitamento ai cattolici italiani, affinché tornino a occuparsi di politica. A furia di incitare gli animi contro la cosiddetta ‘casta’, abbiamo dato la stura ai nostri umori peggiori, trasformando la realtà in un semplice pretesto per scaricare la nostra rabbia. Anziché guardare alle opportunità che in questi ultimi anni avremmo potuto sfruttare per crescere, sia in termini economici sia istituzionali e di cultura politica, abbiamo preferito accanirci gli uni contro gli altri. Ma questa non è una cultura politica all’altezza di una liberaldemocrazia, né di un’idea di patria, quale è quella richiamata dal cardinale Bassetti. E oggi ne raccogliamo i frutti”.

 

Il rischio, ha sottolineato il presidente della Cei, è quello dell’irrilevanza, tema che “venne sollevato qualche anno fa anche dal cardinale Camillo Ruini: ‘Meglio contestati che irrilevanti’, disse in un’intervista al Corriere della Sera. Oggi – prosegue Belardinelli – si direbbe che, per non essere ‘contestati’, molti cattolici abbiano messo la loro lanterna sotto il moggio. E’ ovvio, quindi, che Bassetti cerchi di risvegliarli”. I vescovi chiedono di sviluppare “idee ricostruttive per la democrazia”, missione che appare complessa dato il contesto di partenza: “Premesso che si tratta di un compito letteralmente immenso – osserva il nostro interlocutore – ritengo che i cattolici, ma non soltanto loro, debbano reimparare soprattutto a parlare di politica affidandosi alla realtà, ai diversi problemi che essa suscita, prospettando soluzioni concrete ed evitando qualsiasi deriva ideologica. L’immigrazione, le diseguaglianze economiche, certe disfunzioni istituzionali non si risolvono cole chiacchiere contro il mercato capitalistico o cose simili. Esigono piuttosto competenza e rigore. Soprattutto, occorre lavorare sodo per ricostruire uno spazio pubblico all’interno del quale la libertà e la dignità di ciascuno rappresentino realmente la bussola di ogni azione politica”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.