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Il Papa boccia i vescovi tedeschi sull'intercomunione e Marx si infuria

Matteo Matzuzzi

Conferenze episcopali autonome, ma fino a un certo punto

Roma. Il Papa ha rispedito al mittente il documento con cui la Conferenza episcopale tedesca si preparava a dare il via libera alla cosiddetta “intercomunione”, vale a dire la possibilità che un coniuge protestante di un cattolico acceda all’eucaristia. I vescovi tedeschi, in stragrande maggioranza (due terzi) avevano approvato lo scorso febbraio il testo fatto proprio dal cardinale presidente, Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga. Solo sette presuli si erano opposti, chiedendo subito l’intervento della Santa Sede. A maggio, le due “fazioni” – quella minoritaria che si oppone a Marx è capeggiata dal cardinale arcivescovo di Colonia, Rainer Maria Woelki, già segretario personale e discepolo del cardinale Joachim Meisner, colonna della chiesa tedesca più vicina alle istanze conservatrici, morto poco meno d’un anno fa – si erano incontrate a Roma perché così aveva voluto il Papa. Tutti attorno a un tavolo per cercare di dirimere la delicata controversia. Alla fine, Francesco chiedeva di discutere ulteriormente per cercare una soluzione unanime.

 

Un apparente nulla di fatto che però è servito al Pontefice per comprendere, evidentemente, la gravità del passo portato avanti dall’ala più desiderosa di riformare e rivoluzionare dottrina e pastorale della chiesa cattolica – “Non siamo una filiale di Roma e non sarà un Sinodo a dirci cosa fare in Germania”, tuonò Marx nelle tumultuose giornate del Sinodo sulla famiglia. E infatti, mentre le fazioni valicavano le Alpi, in Vaticano il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il silenzioso Luis Ladaria, “su mandato esplicito del Santo Padre” e dopo averlo incontrato due volte, stendeva la lettera in cui bocciava il documento sull’intercomunione. Non s’ha da fare, ché “il testo del sussidio solleva una serie di problemi di notevole rilevanza”, per cui il Papa “è giunto alla conclusione che il documento non è maturo per essere pubblicato”. Un colpo non da poco, non solo per il cardinale Marx, ma anche per uno dei protagonisti indiscussi della prima fase del pontificato, il cardinale Walter Kasper, autore di saggi complessi elogiati dallo stesso Francesco in momenti pubblici quali sono gli Angelus. Kasper che solo poche settimane fa, intervistato dal quotidiano La Stampa, ricordava che “il Concilio e due encicliche ammettono casi di eucaristia ai protestanti”.

 

Il Papa, evidentemente, è di diverso avviso. E che Francesco la pensi diversamente dall’ala novatrice tedesca lo conferma anche la reazione del cardinale Marx, affidata a una scarna nota diffusa dal portavoce della Conferenza episcopale, dalla quale però risulta evidente lo sconcerto per quanto deciso a Roma: “Nel colloquio del 3 maggio 2018 a Roma fu detto ai vescovi partecipanti che essi dovevano trovare ‘un risultato possibilmente unanime, in spirito di comunione ecclesiale’. Il presidente è perciò sorpreso che sia arrivata da Roma questa lettera ancora prima di aver trovato tale concorde soluzione. Il presidente vede espressa nella lettera la necessità di ulteriori colloqui all’interno della Conferenza episcopale tedesca, prima di tutto nel consiglio permanente e nell’assemblea plenaria d’autunno, ma anche con i rispettivi dicasteri romani e con lo stesso Santo Padre”.

 

Davanti all’altolà del Papa, quindi, i vescovi tedeschi non si fermano, scegliendo la strada della contrapposizione e ritenendo, a differenza di Bergoglio, maturo il tempo per compiere il grande passo. E’ uno dei casi più rilevanti in cui la “autonomia” delle singole conferenze episcopali locali viene messa in discussione dal Papa, che in questi anni ha però più volte enfatizzato – tramite scritti fondamentali, qual è ad esempio la Evangelii gaudium, il programma di governo – il ruolo degli episcopati nazionali. Evidentemente, i due terzi dei vescovi tedeschi hanno fatto, stavolta, il passo più lungo della gamba, pensando che con la “vittoria” ottenuta tre anni fa al Sinodo sulla famiglia – a fare da base all’Amoris laetitia fu proprio la soluzione elaborata dal circolo minore germanofono, guidato dal cardinale Christoph Christoph Schönborn – avessero praterie davanti a loro per portare a compimento in patria la grande riforma della chiesa più volte tratteggiata nel corso degli ultimi decenni post conciliari. Un passo che anche il Papa deve aver valutato eccessivo, se è vero che ha voluto mettere per iscritto il suo no a un documento che stava già allargando le già evidenti crepe che segnano l’episcopato tedesco.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.