La foto della lettera di Benedetto XVI (LaPresse)

Ecco come il Vaticano ha censurato la lettera di Benedetto XVI

Matteo Matzuzzi

La storia della manipolazione operata sul testo del Papa emerito, impossibilitato a lodare l'opera sulla teologia del successore perché scritta anche da un fondatore di organizzazioni anti-papali 

Roma. Alla fine la domanda vera è come abbia potuto la Lev (Libreria Editrice Vaticana) commissionare a un professore tedesco che a giudizio di Benedetto XVI, Papa emerito, “fondò un’organizzazione in opposizione al magistero papale” e che “durante il mio pontificato (di Ratzinger, ndr) si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali” un saggio sulla teologia del Pontefice regnante. E’ questo l’interrogativo che resta alla fine della vicenda della lettera di Benedetto XVI inviata – su richiesta – al prefetto della Segreteria per le comunicazioni, mons. Dario Edoardo Viganò, in merito agli undici “volumetti” sulla teologia di Papa Francesco. Ricapitoliamo la vicenda.

 

"Riservata e personale" ma letta (in parte)

Martedì scorso, in occasione della presentazione alla stampa della collana “La teologia di Papa Francesco”, una serie curata da Roberto Repole e consistente in undici libri scritti ciascuno da un autore diverso sulla teologia del Pontefice regnante, mons. Viganò ha dato lettura di una lettera firmata da Benedetto XVI in cui quest’ultimo plaudiva all’iniziativa. La lettera – “riservata e personale” e quindi non destinata alla lettura pubblica – recava la data del 7 febbraio ed era la risposta a una missiva spedita al Monastero Mater Ecclesiae (dove Ratzinger abita dal 2013) poco meno di un mese prima, il 12 gennaio. Benedetto XVI si mostrava felice della pubblicazione dei “piccoli volumi” perché ciò contribuiva a “opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi”. Come risulta chiaro, il Pontefice emerito più che lodare l’opera ci tiene a chiarire che se è vero che Bergoglio è tutto meno che un buon parroco – “un uomo pratico” – senza alcuna infarinatura teologica, è altrettanto vero che lui, Ratzinger, non era affatto un anacoreta disperso da qualche parte a studiare sant’Agostino mentre il mondo andava avanti.

 

Nelle righe successive, Benedetto XVI sottolineava che “i piccoli volumi mostrano a ragione che Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica e aiutano perciò a vedere la continuità interiore tra i due pontificati, pur con tutte le differenze di stile e di temperamento”. Questi due paragrafi sono stati diffusi subito dalla Sala Stampa vaticana attraverso un comunicato, che poi ha originato nel giorno successivo diversi articoli e commenti sull’endorsement ratzingeriano alla teologia di Francesco. “Poche righe essenziali nella loro schietta semplicità”, scriveva il priore emerito di Bose, fratel Enzo Bianchi, che finalmente ponevano fine a cinque anni di battaglie velenose su una presunta discontinuità tra Pontefici. Ora era Joseph Ratzinger in persona a mettere nero su bianco che tra lui e Francesco c’è “continuità interiore” e che l’iniziativa della LEV è meritoria e benemerita perché chiarisce ogni cosa.

 

Il paragrafo omesso

Mons. Viganò, però, aveva letto anche un ulteriore paragrafo, che nel comunicato stampa era stato omesso. E’ stato il vaticanista Sandro Magister – presente alla presentazione dei volumetti – ad accorgersi della mancanza. Il giorno dopo, come ha spiegato sul suo blog, ha riascoltato la registrazione dell’evento e ha deciso di trascrivere il contenuto della lettera che fino a quel giorno si riteneva integrale. Il paragrafo incriminato era il seguente: “Tuttavia non mi sento di scrivere su di essi ‘una breve e densa pagina teologica’ perché in tutta la mia vita è sempre stato chiaro che avrei scritto e mi sarei espresso soltanto su libri che avevo anche veramente letto. Purtroppo, anche solo per ragioni fisiche, non sono in grado di leggere gli undici volumetti nel prossimo futuro, tanto più che mi attendono altri impegni che ho già assunti. Sono certo che avrà comprensione e la saluto cordialmente”.

 

Mercoledì scorso, nel pomeriggio, il Foglio ha chiesto alla direzione della Sala stampa vaticana perché dal comunicato diffuso ai giornalisti fosse stata tagliata quest’ultima parte. La risposta, è stata che questa parte “non è stata eliminata. Semplicemente, la lettera è personale e dunque non si riteneva utile (neanche elegante) leggere tutto”.

 

La foto "artistica"

Inoltre, nella foto diffusa ai media, il paragrafo “misterioso” era stato oscurato. L’Associated Press – una delle più autorevoli agenzie di stampa al mondo – protestò, parlando di “manipolazione” che va contro “l’etica professionale giornalistica”. Sul secondo foglio, dove è visibile solo la firma autografa di Benedetto XVI, era posizionata l’opera omnia con gli undici volumi curati da Repole. A ventiquattro ore di distanza, il Vaticano chiariva che non c’era stata alcuna manipolazione, ma che la foto era “artistica”.

 

L’omissione poneva però un problema non di poco conto: se infatti è vero che il Papa emerito plaudiva all’iniziativa perché si opponeva allo “stolto pregiudizio” (che è doppio, perché Ratzinger chiarisce anche alcuni punti riguardo a certi commenti sul suo conto), risultava altrettanto evidente che il giudizio di Benedetto XVI era generico visto che ammetteva di non aver letto i libri né di volerlo fare in un “prossimo futuro”, avendo tra le altre cose altri impegni già assunti. Non pochi osservatori hanno fatto notare la stranezza della cosa: quali sono questi “altri impegni” che impediscono a un Papa emerito di redigere una “breve e densa pagina teologica” a un’opera pensata per elogiare la teologia di un Papa regnante? Tra l’altro, Ratzinger faceva capire che nella lettera inviatagli a gennaio da mons. Viganò gli era stata chiesta una sorta di prefazione, una “breve e densa pagina teologica” a commento e a sostegno dell’opera. A ogni modo la questione sembrava essersi conclusa qui.

 

Invece, dal tardo pomeriggio di venerdì hanno iniziato a rincorrersi voci – da fonti ben qualificate – secondo le quali la lettera che si riteneva integrale non lo era affatto. Mancava un paragrafo, forse il più importante, quello che chiariva in modo netto il motivo per cui Benedetto XVI si fosse sottratto alla scrittura della prefazione o del commento. Sabato mattina, il Foglio ha potuto appurare che c’era effettivamente un altro paragrafo, omesso sia dal comunicato stampa rabberciato sia da mons. Viganò, che aveva concluso la lettura del messaggio con la questione degli “impegni già assunti”.

 

La ricostruzione del Foglio

Secondo quanto appreso dal Foglio, Joseph Ratzinger aveva declinato l’invito a dare l’endorsement ai volumetti a causa della presenza tra gli autori degli stessi di due teologi tedeschi che per decenni avevano tuonato contro il pontificato di Giovanni Paolo II e l’allora prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, e cioè Ratzinger. Il dito era puntato su Peter Hünermann e Jurgen Werbick. Il primo, l’ottantanovenne Hünermann, cattedratico a Tubinga, definì Benedetto XVI un uomo “cresciuto nella vecchia epoca, con la vecchia teologia precedente il Concilio” e in un recente commento sul lascito più grande del pontificato ratzingeriano ha risposto: “Il fatto di ritirarsi”. Entrambi firmarono qualche anno fa un appello – tra i firmatari anche Hans Küng – con cui chiedevano l’ordinazione delle donne al sacerdozio, l’ordinazione di uomini sposati, la partecipazione dei laici alla nomina dei vescovi e dei parroci, la “non esclusione” di divorziati risposati e di quanti vivono in un’unione tra persone dello stesso sesso. Chiedevano libertà: “libertà del messaggio evangelico” e “libertà di coscienza”. Nel 1989, sostennero la Dichiarazione di Colonia che lamentava “il governo autoritario di Giovanni Paolo II”.

 

Il Foglio ha quindi deciso di dare conto, nella mattinata di sabato, dell’indiscrezione secondo la quale la lettera spedita da Ratzinger sarebbe stata ben più lunga e dura di quanto fin lì diffuso. Nel pomeriggio, le prime ammissioni del Vaticano. Se la Sala stampa inizialmente non commentava, poco dopo le 17 era in qualche modo costretta a diffondere il testo integrale della lettera, che confermava le motivazioni del rifiuto di Benedetto XVI prima menzionate (benché la critica del Papa emerito sia tutta rivolta a Hünermann).

 

 

La difesa di Veritatis splendor e l'attacco a Hünermann

Un paragrafo lungo che fa comprendere come l’opera abbia ricevuto tutto meno che un endorsement da parte di Benedetto XVI: “Solo a margine vorrei annotare la mia sorpresa per il fatto che tra gli autori figuri anche il professor Hünermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali. Egli partecipò in misura rilevante al rilascio della Kölner Erklarung, che, in relazione all’enciclica Veritatis splendor, attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale. Anche la Europäische Theologengesellschaft, che egli fondò, inizialmente da lui fu pensata come un’organizzazione in opposizione al magistero papale. In seguito, il sentire ecclesiale di molti teologi ha impedito quest’orientamento, rendendo quell’organizzazione un normale strumento d’incontro fra teologi. Sono certo che avrà comprensione per il mio diniego e la saluto cordialmente”.

 

E’ evidente la gravità delle parole usate dal Papa emerito, che con ironia chiede (e si chiede) come sia stato possibile che il Vaticano abbia chiesto a colui che fondò “un’organizzazione in opposizione al magistero papale” di scrivere un volume sulla teologia del Papa. Non solo, ma Ratzinger sempre con ironia chiede (e si chiede) come sia stato possibile che il Vaticano gli abbia chiesto di scrivere una breve e densa pagina teologica – si presume di lode – a un’opera tra i cui autori c’è colui che “durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali”. Ma Benedetto XVI ha colto l’occasione anche per difendere Veritatis splendor, l’enciclica di Giovanni Paolo II del 1993 sui fondamenti della morale. Joseph Ratzinger, da emerito, aveva già ribadito l’importanza di riprendere in mano questo testo. “Il grande compito che Giovanni Paolo II si diede in quell’enciclica fu di rintracciare nuovamente un fondamento metafisico nell’antropologia, come anche una concretizzazione cristiana nella nuova immagine di uomo della Sacra Scrittura. Studiare e assimilare questa enciclica rimane un grande e importante dovere”, scrisse per il libro “Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano”, curato da Wlodzimierz Redzioch e pubblicato da Ares nel 2014.

 

 

La spiegazione della Segreteria per le comunicazioni

Insieme all’integrale della lettera, usciva anche un comunicato stampa della Segreteria per le comunicazioni (foto sopra), che cercava di salvare il salvabile: “Della lettera, riservata, è stato letto quanto ritenuto opportuno e relativo alla sola iniziativa, e in particolare quanto il Papa emerito afferma circa la formazione filosofica e teologica dell’attuale Pontefice e l’interiore unione tra i due pontificati, tralasciando alcune annotazioni relative a contributori della collana. La scelta è stata motivata dalla riservatezza e non da alcun intento di censura”.

Infine, la chiosa, se si vuole ironica anch’essa: “Per dissipare ogni dubbio si è deciso di rendere nota la lettera nella sua interezza”. 

 

 

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.