Fedeli pregano davanti all'ingresso del Santo Sepolcro chiuso per protesta contro il governo israeliano e il sindaco di Gerusalemme (foto LaPresse)

Tregua nello scontro tra i cristiani di Terra santa e Israele

Redazione

Dopo le polemiche e la chiusura del Santo Sepolcro il premier Netanyahu congela la legge sull'espropriazione delle terre vendute dalle comunità religiose ai privati mentre il sindaco di Gerusalemme rinvia la riscossione delle tasse 

Il governo israeliano e il sindaco di Gerusalemme fanno marcia indietro. Dopo la chiusura del Santo Sepolcro e la polemica con i rappresentanti delle tre confessioni cristiane (cattolici, ortodossi e armeni), Benjamin Netanyahu e Nir Barkat hanno deciso di fermare sia il disegno di legge che prevedeva la possibilità di espropriare le terre vendute dalle comunità religiose ai privati dopo il 2010, sia la richiesta del pagamento di tasse arretrate da parte di alcune attività gestite dalle stesse comunità (secondo il quotidiano israeliano Haaretz si tratterebbe di circa 53 milioni di dollari).

   

 

Come raccontato dal Foglio sono giorni che la polemica va avanti. Domenica la decisione di chiudere il Santo Sepolcro seguita da un comunicato molto duro firmato dal custode di Terra santa, Francesco Patton, del patriarca ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III e del patriarca armeno di Gerusalemme Nourhan Manougian.

“Noi, capi delle Chiese responsabili del Santo Sepolcro e dello status quo che governa i vari luoghi santi cristiani a Gerusalemme - si leggeva nella dichiarazione - seguiamo con grande preoccupazione la sistematica campagna contro le Chiese e le comunità cristiane in Terra Santa, in flagrante violazione del vigente status quo”.

E ancora: “La sistematica campagna di abuso contro le Chiese e i cristiani sta ora raggiungendo il suo apice dal momento che si sta promuovendo una legge discriminatoria e razzista che prende di mira solo le proprietà della comunità cristiana in Terra Santa. Questa legge aberrante sarà esaminata oggi (domenica ndr) da una commissione ministeriale e, se approvata, renderebbe possibile l’espropriazione delle terre delle Chiese. Tutto ciò ci ricorda le leggi di natura analoga che furono promulgate contro gli ebrei in Europa nei periodi bui”.

 

Il Parlamento israeliano, dopo la dichiarazione congiunta, aveva deciso di rinviare l'esame della legge. Oggi la decisione di fermare tutto. Il governo ha infatti congelato la discussione della legge mentre la municipalità di Gerusalemme, per ora, non procederà con la riscossione delle tasse. Netanyahu e Barkat hanno quindi incaricato una commissione guidata dal ministro per la Cooperazione regionale, Tzachi Hanegbi, di trovare una soluzione per affrontare entrambe le questioni dialogando con i rappresentanti delle tre confessioni.

 

“Israele - si legge nel comunicato diffuso dal primo ministro israeliano - è orgoglioso di essere l''unico paese del Medio Oriente dove cristiani e fedeli di tutte le fedi godono di libertà di culto e religione. Israele è la casa di una fiorente comunità cristiana e accoglie i suoi amici cristiani di tutte le parti del mondo”.