I religiosi belgi disobbediscono al Papa: "Qui via libera all'eutanasia"

Matteo Matzuzzi

Rispedito al mittente "l'ordine" di Francesco

Roma. Il ramo belga dei Fratelli della carità, congregazione cattolica fondata nel 1899 di diritto pontificio, continueranno a permettere che nei quindici ospedali da loro controllati si pratichi l’eutanasia sui malati psichiatrici. E continueranno a farlo nonostante a metà agosto fosse intervenuto il Papa in persona, che aveva “ordinato” (cit. Radio Vaticana) – attraverso la congregazione per gli Istituti di vita consacrata –  di non praticare più l’eutanasia. Il tutto con un termine temporale perentorio: “entro agosto”. In caso di mancata osservanza di quanto disposto dal Pontefice, sarebbero seguiti – si chiariva – i provvedimenti canonici del caso, “fino alla scomunica”. Agosto è finito, settembre quasi, ed ecco la risposta dei Fratelli della carità belgi: “L’Organizzazione dei Fratelli della Carità continua a sostenere la sua visione sull’eutanasia per la sofferenza mentale in una situazione non terminale”. Inoltre, si chiarisce che questa visione “nasce con l’obiettivo di fornire la migliore cura possibile”. Che in qualche caso, par di capire, è la soppressione del malato. Quanto all’interrogativo se questa “visione” sia “ancora in linea con la dottrina della chiesa cattolica”, i Fratelli della carità spiegano che bisogna tener presenti “i cambiamenti e le evoluzioni della società”. Evoluzione di dottrina, morale ed etica, dunque. Praticare l’eutanasia su malati psichiatrici, infine, è un qualcosa che rientra “nella cornice del pensiero cristiano”.

  

Il superiore generale della congregazione, René Stockman, da mesi lamenta la deriva dell’ala belga, tanto da dover ribadire in una Nota diffusa lo scorso maggio che “permettere l’eutanasia va contro i princìpi della chiesa cattolica”. “Questa –  osservava Stockman –  è la prima volta che un’organizzazione cristiana afferma che l’eutanasia è una pratica medica ordinaria che cade sotto la libertà terapeutica del medico, e questo è sleale, scandaloso e inaccettabile”. Il superiore aveva parlato di “forti pressioni” subite per avallare la pratica eutanasica, sottolineando però che “ciò non significa che dobbiamo arrenderci”. Lo stesso Stockman, poi, aveva criticato il vescovo di Anversa, mons. Bonny, che già al Sinodo aveva fatto parlare di sé per aver proposto di superare l’Humanae vitae di Paolo VI e, successivamente, per avere ipotizzato la creazione di un “rito alternativo” per la benedizione delle coppie omosessuali in chiesa (tale ipotesi la si trova nel suo libro Puis-je? Merci. Désolé). Secondo il presule, nella “visione” dei Fratelli della carità – che sono tra i principali fornitori di assistenza sanitaria mentale nelle Fiandre – non v’è nulla di anomalo, anche perché “in materia di etica è difficile allineare tutti sulla stessa posizione” e poi “nella nostra società occidentale bisogna trovare un modus vivendi tra conoscenze, mediche, considerazioni morali, opinione pubblica e la cultura dominante”. La replica del superiore generale dei Fratelli della carità era stata netta: “Deve rendersi conto che parla in qualità di vescovo”. La Conferenza episcopale belga, nel frattempo, aveva silenziosamente fatto sapere di essere d’accordo con la presa di posizione di fratel Stockman, tanto che l’arcivescovo di Bruxelles, il cardinale Jozef De Kesel, ribadiva che in Belgio “le istituzioni hanno il diritto legale di rifiutare l’eutanasia”. Ora la parola passa di nuovo a Roma, mentre il superiore Stockman commenta quasi rassegnato il testo dei confratelli belgi: “Ci si lascia trascinare alla secolarizzazione. Il testo non fa riferimenti a Dio, alla Bibbia, o alla visione cristiana dell’uomo. E’ una visione completamente secolarizzata”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.