La cerimonia d'incoronazione di Sua Maestà re Giorgio V all'Abbazia di Westminster

Crollano i credenti in Gran Bretagna e c'è chi vuole cambiare il rito di incoronazione

Matteo Matzuzzi

Il Regno Unito “non è più un paese cristiano e dovrebbe finirla di comportarsi come se lo fosse ancora”

Roma. Non è una prima volta assoluta, in Gran Bretagna era già accaduto nel 2009 che i non credenti superassero i credenti (51 per cento a 49), ma allora il tutto fu derubricato a sommatoria di casualità, trend demografici, migrazioni e poco altro, con i giovani che in chiesa (moschea o sinagoga) non ci mettono più piede e i banchi sono occupati da anziane beghine assuefatte alla routine settimanale. Tant’è che due anni dopo, i fedeli tornarono in maggioranza (54 a 46 per cento). Stavolta, però, il ribaltamento della situazione suggerisce qualcosa in più, e cioè che la tendenza si sta radicando. I numeri certificati dall’ultima ricerca del British Social Attitudes Survey dicono che il rapporto è ora del 53 per cento di non credenti contro il 47. Mai, prima d’ora, coloro che si dichiarano “affiliati” a qualche religione erano stati così pochi e le stime per i prossimi anni non indicano alcuna inversione. Per il paese il cui sovrano è anche capo della chiesa nazionale, di stato, è un cambiamento non irrilevante.

 

Soprattutto se si considera che solo poco più d’un trentennio fa, nel 1983, i credenti rappresentavano il 69 per cento della popolazione. Un bel colpo anche per la premier Theresa May, figlia del reverendo Hubert Brasier, vicario di Wheatley che, come ha scritto sul Times Matt Chorley, non manca mai all’appuntamento con la messa domenicale a Maidenhead, rito che neppure impegni di governo possono cancellare dall’agenda. May, fiera del suo anglicanesimo puro, ha sempre detto che grazie alla sua fede ha saputo prendere “decisioni difficili” nel corso della vita, e che questi valori sono stati fondamentali per lo sviluppo della sua carriera. Ma forse qualcosa da dire ce l’avrebbe pure Jeremy Corbyn, che da nostalgico leninista vivente in quest’epoca postmoderna non fa differenze tra i credo religiosi, vantandosi di frequentare chiese, sinagoghe e moschee, alternandole quasi dovesse scegliere in quale pub bersi una pinta di birra. Tim Farron, poi – tra uno scandalo e l’altro per qualche frase di troppo su gay e senso del peccato – si dimise da leader dei Lib-Dem scrivendo che “essere un leader politico, specialmente di un partito progressista e liberale nel 2017, e vivere da cristiano seguendo fedelmente gli insegnamenti della Bibbia, è per me impossibile”.

 

La crisi, in un paese in cui storicamente il legame tra popolo e religione è stato sempre assai stretto, è soprattutto dell’anglicanesimo, rilevava la scorsa primavera il Benedict XVI Centre della St. Mary’s University a Twickenham, l’università cattolica di Londra. E la crescita numerica di musulmani – tanti tra loro sono pure iscritti a scuole cristiane – non compensa l’esodo di cristiani (gli anglicani sono il 17 per cento, in calo dal precedente 21, ma i cattolici non è che stiano meglio, anche se per partecipare ai solenni funerali del cardinale Murphy-O’Connor, arcivescovo emerito di Westminster, sarà necessario essere muniti di biglietti, quasi che folle immense fossero in fila per partecipare alla messa da Requiem). Un declino che pare inarrestabile, se è vero che già due anni fa una speciale commissione guidata dalla baronessa e magistrato Elizabeth Butler-Sloss concluse i suoi lavori sostenendo che “la Gran Bretagna non è più un paese cristiano e dovrebbe finirla di comportarsi come se lo fosse ancora”. Da qui si raccomandava una rapida “decristianizzazione della vita pubblica”, dando più “influenza alle voci non religiose e a quelle non cristiane”. Basta con le scuole della chiesa d’Inghilterra, “troppo divisive” e ghettizzanti. Basta pure con il paludato e antico rito d’incoronazione dei sovrani a Westminster, con quegli amen, quelle croci e quei canti identificativi d’una precisa religione. Meglio aggiornare lo show con un misto di culti, cerimonie ed elementi, così da rappresentare l’immagine della Gran Bretagna moderna.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.