Luigi Di Maio alla messa di Pasqua celebrata dal Papa a piazza San Pietro (foto LaPresse)

L'infatuazione grillesca della Cei

Matteo Matzuzzi

Monsignor Nunzio Galantino detta la linea e apre ai populisti che tanto disprezzava. Famiglia Cristiana attacca: “Non c’è tema etico che non veda il M5s sulla sponda opposta alla dottrina della chiesa”

Roma. Perfino Famiglia Cristiana – non proprio il giornale delle falangi tradizionaliste paralefebvriane – ha avuto un sussulto nel commentare il combinato disposto che ieri ha movimentato la stampa laica (e santa) italiana. Dalle colonne di Avvenire, cioè dal quotidiano della Conferenza episcopale italiana e quindi dell’organo più clericale che ci sia, Beppe Grillo esponeva le sue idee sul mondo e sui temi d’interesse per i cattolici, chiarendo che lui e il suo movimento sono postideologici sulle questioni etiche (quindi dando implicitamente dell’ideologico a chi invece tiene a certi princìpi su questioni determinanti per l’esistenza). Sul Corriere della Sera, a fare pendant, campeggiava a tutta pagina Marco Tarquinio, che di Avvenire è direttore, benedicente l’intesa tra i cattolici e la galassia pentastellata. 

 

Marco Tarquinio – che in serata ha detto di avere parlato a titolo personale senza avere “impegnato in alcun modo il mio editore” – spiega che l’intesa c’è su quasi tutto, spandendo incenso sul capo del “sensibile” (dice il direttore di Avvenire) Luigi Di Maio e onorandolo delle sue prese di posizione riguardo le chiusure domenicali dei centri commerciali, tirando in ballo perfino Benedetto XVI quando disse che “la domenica è un giorno speciale”. Tarquinio comunque dà l’accordo per fatto, visto che “se guardiamo ai grandi temi (dal lavoro alla lotta alla povertà), nei tre quarti dei casi abbiamo la stessa sensibilità”. E pazienza, insomma, se il fu Gianroberto Casaleggio era convinto – si guardi il video-documentario “Gaia” – che “il mondo è ancora in mano a gruppi massonici, finanziari e religiosi”, con la croce cristiana a intervallare nelle immagini squadra, compasso e il simbolo del dollaro. Chissà, poi, se il direttore di Avvenire fa rientrare nelle “tre cose su quattro” su cui c’è accordo tra cattolici e pentastellati pure le posizioni su matrimonio gay, adozione da parte delle coppie gay, eutanasia, unioni di fatto, testamento biologico, fecondazione eterologa, legalizzazione delle droghe leggere, fino alla sperimentazione della Ru486. Tanto da far dire a Famiglia Cristiana in un articolo intitolato “Il Vangelo secondo Grillo” che “non c’è argomento etico che non veda il Movimento 5 stelle sulla sponda opposta alla dottrina della chiesa”.

 

Certo, su lavoro, reddito e povertà le posizioni hanno qualcosa in comune, se si resta in superficie. Dopotutto, il Papa richiama costantemente sulla necessità di dare ai giovani lavoro e di guardare ai poveri, agli esclusi, agli scartati dalla società iniqua. Ma nel caso in specie – politico e non spirituale – più che Francesco c’entra il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che quanto a parresia ha molto a che fare con l’impetuosa vis grillina. “Si salvano le banche e non le famiglie!”, gridava un dì, rincarando poi la dose sostenendo che “gli aiuti alle banche consegnano il paese ai populisti”, dove non si capisce bene chi – a giudizio del vescovo già di Cassano allo Ionio – rientri in siffatta categoria, considerando le sue consuete intemerate contro tutto ciò che sarebbe “casta” (anche cattolica). L’apertura al mondo grillino da parte della Cei “è l’ultimo traguardo del relativismo in casa nostra”, dice un non allineato al nuovo corso che ben conosce la realtà della Cei. Che dalla doppietta Grillo-Tarquinio discenda però anche una nuova posizione dei vescovi è azzardato da dire. Sì, ci sono i vescovi che facevano mettere le bandiere referendarie antitrivelle sugli altari delle chiese, c’è la difesa strenua dell’acqua come bene pubblico, ma sulle grandi questioni etiche e bioetiche il “noi non siamo qui a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato fare” detto da Grillo ad Avvenire, non ha grosso seguito. Anzi, se si eccettua la vena sotterranea cosiddetta progressista che negli ultimi tempi si sta ingrossando al punto da vedere quasi la superficie (le nomine episcopali degli ultimi anni stanno mutando gli equilibri, con sempre più pastori vicini alla visione ecclesiale di Jorge Mario Bergoglio) lo zoccolo duro dei vescovi non è disposto a scendere a patti sul terreno valoriale che un tempo si sarebbe detto “non negoziabile”. Lo si vedrà il mese prossimo, quando la Cei sarà chiamata a eleggere i nuovi vertici, a partire dalla terna che sarà presentata al Papa per decidere chi sarà il presidente.

 

“Con tutto quel che ne consegue”, si fa notare con prudenza dal quartier generale sulla Via Aurelia, come ad esempio la nomina del direttore di Avvenire. In quest’ottica è arduo individuare una sorta di “terza via” che dal piano politico si sposti su quello ecclesiale, con gruppi di vescovi paragrillini disposti a tutto pur di uscire dalla stanca e logora dialettica tra destra e sinistra. “Fronti pentastellati” tra i presuli non ce ne sono, si conferma con una certa sicurezza. Anche perché il modus operandi delle giunte grilline dal nord al sud dell’Italia sta determinando tensioni di rilievo , come a Torino, dove mons. Cesare Nosiglia (l’arcivescovo) ha contestato il taglio dei finanziamenti alle scuole paritarie – comprese quelle della periferia disagiata e abbandonata – deciso dal sindaco Chiara Appendino. La chiesa da sempre parla con tutti, e non è un caso in sé che il dialogo si faccia anche con chi è agli antipodi o che usi i grilli (intesi come insetti) al pari dell’ostia consacrata, comunicando gli adepti del sacro verbo movimentista. Altro discorso è quello di sovrapporre i programmi del M5s alla dottrina sociale della chiesa.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.