Papa Francesco (LaPresse)

Per il Papa "la disoccupazione porta i giovani o al suicidio o a diventare terroristi"

Matteo Matzuzzi

Francesco parla a braccio all'Università di Roma Tre e discute di Europa, occidente, terrorismo, disoccupazione, Bauman, lavoro, giovani, suicidi e violenza in famiglia e nelle città

Roma. “Questa liquidità dell’economia toglie la concretezza del lavoro e toglie la cultura del lavoro, perché non si può lavorare. I giovani non sanno cosa fare! E i giovani che sono senza lavoro, perché non lo trovano, girano, girano, e li sfruttano. Alla fine l’amarezza del cuore li porta alle dipendenze o al suicidio”. E’ un fiume in piena, Papa Francesco, mentre parla davanti agli studenti dell’Università di Roma Tre, dove ha risposto ad alcune domande che i giovani gli avevano fatto avere in precedenza. Il Pontefice ha deciso, come in altre occasioni, di non leggere il discorso preparato, consegnandolo al Rettore. Ha preferito parlare a braccio, toccando i più vari argomenti: guerra, pace, terrorismo, migranti, Europa, disoccupazione. Su questo punto, Francesco ha sottolineato: “Dicono che le vere statistiche dei suicidi giovanili non sono pubblicate, si pubblica qualcosa ma non quelle vere”. Quindi, la frase clou: “La mancanza di lavoro mi porta, mah vado dall’altra parte e mi arruolo nell’esercito del terrorismo, almeno ho qualcosa da fare e do senso alla mia vita: è terribile!”.

 

Tanti i riferimenti al da poco defunto Zygmunt Bauman: “L’economia liquida deve essere concreta. Per risolvere i problemi economici, sociali, culturali, ci vuole concretezza: altrimenti non si possono risolvere”. Si tratta di cercare, insomma, “soluzioni da proporre ai problemi reali, contro questa cultura liquida”. Tante volte, ha osservato ancora, “una comunicazione così rapida, così leggera, può diventare liquida, senza consistenza. E questo è uno dei pericoli della società. Non è una parola mia, l’ha detto Bauman da tempo: liquidità senza consistenza”. 

 

Questo, ha detto Francesco, è un mondo intriso di violenza: “Oggi si parla per strada, a casa, si grida, anche si insulta con una normalità, c’è violenza nell’esprimersi, nel parlare. Questa è una realtà che tutti viviamo. Se c’è qualcosa sulla strada, qualche problema lì, prima di domandare cosa è successo, un insulto e poi si domanda il perché. Anche la fretta, la celerità della vita ci fa violenti a casa e tante volte ci dimentichiamo di dire ‘buongiorno’, ‘ciao ciao’, questi saluti anonimi”.

 

Il Pontefice ha ribadito ancora una volta che “il Mediterraneo è diventato un cimitero” e non è sufficiente solo accogliere i migranti ma anche integrarli “come fratelli e sorelle. Ogni paese deve vedere quale numero è capace di accogliere. E’ vero, non si può accogliere se non c’è possibilità, ma tutti possono farlo. Loro portano una cultura che è ricchezza, ma devono anche ricevere la nostra e quindi fare uno scambio”. Questo, dunque, toglie la paura. “C’è la paura sì, ma non è solo quella dei migranti. I delinquenti che vediamo sui giornali sono nati anche qui, c’è di tutto. Integrare è importante. Penso ai ragazzi che hanno fatto la strage in Belgio, erano nati in Belgio, ma ghettizzati, non integrati”. Quanto alle guerre e alla fame, “la soluzione ideale è che non ci siano guerra e fame. Cioè fare la pace o fare investimenti in quei posti perché abbiano risorse per lavorare e guadagnarsi la vita ma se c’è la fame fuggono”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.