Michel Nazir-Ali (foto di Youtube)

“L'Europa si salverà solo riaffermando la sua morale cristiana”

Parla al Foglio il vescovo anglicano Michel Nazir-Ali. “La laicità non può dare alcun significato alla vita umana”

Matteo Matzuzzi

Parla al Foglio il vescovo anglicano Michel Nazir-Ali. “La laicità non può dare alcun significato alla vita umana”

Roma. “Uno dei grandi inganni di oggi è che la laicità è neutrale. Ciò è falso. La presunta laicità altro non è che una visione del mondo e un’antropologia in contrasto con la tradizione giudaico-cristiana”. Il professor Michel Nazir-Ali è un vescovo anglicano nato in Pakistan e dal 1994 al 2009 è stato vescovo di Rochester, il più giovane mai designato, all’epoca. Nel 2002 fu a un passo dall’essere nominato arcivescovo primate di Canterbury, prima che l’allora premier Tony Blair scegliesse Rowan Williams, anche per evitare lacerazioni interne alla chiesa anglicana, già spaccata tra i fautori di un approccio duro riguardo la secolarizzazione e i sostenitori di toni più morbidi e diplomatici.

 

 

Teologo di chiara fama, Nazir-Ali fu definito dall’Independent “l’intellettuale più rispettato dentro la chiesa”. Strenuo difensore della libertà di religione e tra i massimi conoscitori del fenomeno dell’islam politico (suo padre era un musulmano convertito al cristianesimo), aveva intessuto un rapporto di stima e confronto con Joseph Ratzinger. “Per sua natura – dice Nazir-Ali al Foglio – la laicità non può dare significato alla vita umana né, per allargare il discorso, all’Universo. E’ lo sfondo, da un lato, della diffusione sempre più ampia della depressione e dall’altro del narcisimo (o della cultura ‘selfie’) rispetto all’altro”. Semplicemente, “non ci sono assoluti e i valori più sacri riguardanti la persona, ad esempio, possono essere modificati manipolando l’opinione pubblica”.

L’incessante secolarizzazione è un pericolo, chiarisce il teologo anglo-pachistano: “Persone di diversa estrazione culturale avrebbero dovuto avere una chiara comprensione di quelle che sono le basi cristiane delle società europee. Invece, si è dato spazio a questa finta neutralità derivante da una reale perdita di identità. Se l’Europa non vuole cadere in un caos di pluralità – anziché favorire uno sviluppo ordinato delle diversità – è necessario, direi imperativo, che l’Europa riaffermi la sua morale e rafforzi le sue fondamenta spirituali, soprattutto riguardo l’uguaglianza e la dignità degli individui, la libertà di credo religioso, la protezione di tutti sotto la legge e la salvaguardia della famiglia. Tutti questi elementi – aggiunge – trovano origine in una visione cristiana e necessitano di un sostegno cristiano per fiorire”.

Il problema, condiviso con Benedetto XVI, è che siamo davanti a una “de-ellenizzazione del cristianesimo”. Conversando con questo giornale, anni fa, Nazir-ali spiegava che c’è chi vuole oggi “far tornare certe forme di paganesimo senza pensare che quello stesso movimento era responsabile della schiavitù, della negazione dei diritti delle donne e dei sacrifici umani”. L’obiettivo, allora come oggi, è quello di riscoprire un Illuminismo sano: “Io distinguo un illuminismo moderno, che la cristianità e il razionalismo hanno felicemente assorbito e che non ha rigettato i valori biblici”.

La domanda che si ci pone, anche davanti alla perdita d’identità dell’occidente, è cosa si può fare per invertire una tendenza che appare ineluttabile, tra la scristianizzazione incalzante e il crollo delle evidenze sempre più palese. La risposta è semplice, benché la strada indicata sia irta di ostacoli: “Dobbiamo tornare al realismo. Come? Ad esempio prendendo decisioni morali sulla base dell’identità che ci è data in termini di genere e guardando al bene sociale dato da quelle che sono le fondamentali relazioni umani, come il matrimonio tra un uomo e una donna. Un uso corretto del diritto naturale, insomma, che bilanci l’uso fisiologico, piscologico e relazionale sarebbe neccessario per sviluppare un progetto di questo tipo”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.